Il libro di Palermo scritto sui muri

PALERMO

L’amore sgrammaticato, l’amore romantico, la rabbia sociale, il desiderio di rivolta, l’impegno nel disimpegno, gli echi di slogan di altre contestazioni, l’ironia, il tifo calcistico, la rabbia, il dolore, e soprattutto richieste di perdono: la città parla e lo fa con il silenzio spray delle scritte sui muri delle case diroccate del centro storico, lungo i perimetri delle scuole e sulle superfici curve dei cassonetti. È un rituale antichissimo, da sempre il muro civico è un foglio bianco con un invito a essere usato per dare voce alla città.

«Vince il muro», dice Gianfranco Marrone, ordinario di semiotica all’Università di Palermo, che aggiunge: «È come se urlasse “per favore usami” nel paradosso di “Vietato scrivere”. A Palermo negli anni Settanta c’era una scritta enorme “Io con il pennarello scrivo sul muro quello che voglio”. Scrittura pura senza contenuti per dichiarare il diritto alla libera comunicazione spontanea».

Il disciplinare sul decoro urbano vieta di scrivere, ma da sempre è un ordine disatteso e il muro diventa spazio pubblico di conversazione, «un antesignano dei social network», dice Marrone, «che in alcuni luoghi, come i bagni pubblici, prevede anche una dinamica di risposta». A Palermo le scritte sembrano godere di una vita più lunga rispetto a quelle delle altre città italiane, una resistenza che viene cancellata solo dal tempo, eccezion fatta per alcune invettive politiche alle quali viene subito trovato il rimedio. L’artista palermitano Adalberto Abbate, che da diversi anni concentra il suo lavoro sul tema della rivolta, nel 2008 ha iniziato un progetto fotografico che raccoglie ciò che Palermo ha da dire. Il suo lavoro è diventato un libro, Palermo Says, pubblicato da Drago Edizioni, un archivio fotografico di scritte parietali della città raccolte tra il 2008 e il 2015 immortalate insieme all’artista che impugna la bomboletta. Racconta Abbate: «È come se qualcuno all’improvviso dicesse una frase per poi andar via, e se qualcuno l’ha ascoltata bene, altrimenti niente. Allora ho pensato che era interessante fermare con la fotografia questo vociferare individuale e collettivo insieme. Il risultato è un taccuino di appunti che può essere utile per capire il grado di tensione della città e che diventa uno strumento prezioso per raccontarla a chi non la conosce: se c’è un conflitto, una battaglia viva, ma anche qual è il livello di fantasia». Le scritte raccolte raccontano più aspetti della città: ci sono quelle smaccatamente di contestazione, opera spesso degli universitari e dei quali la città si ricopre dopo il passaggio di un corteo: “Né Dio né Stato né Servi né Padroni”, “Bombe sull’Italia”, “Cloro al clero”, “Stato boia”. «Sono gli slogan classici dei quali ci si appropria durante l’università per poi rinnegarli non appena si comincia a far parte del sistema», dice Abbate.

Gli altri temi ricorrenti sono la casa. Qualche esempio: “La casa si okkupa e non si paga”, “Case per tutti i proletari”, e ancora, più geo-localizzate, le scritte che inneggiano alla mafia: “Viva la mafia”, “Abbasso il 41 bis”, “Vota cu a diavolina picchì a benzina custa assai”. E quelle che la mafia, invece, la denunciano e fanno accuse precise. O l’indimenticabile “In thash we trust” comparso in piena emergenza rifiuti e diventato l’esordio musicale del collettivo palermitano Radical Shit. E ancora, il filone calcistico con la rivalità Palermo- Catania e una galleria furiosa contro il politico di turno. Racconta Abbate : «Il muro e la sua scritta è l’opposto del manifesto con la faccia del politico che storicamente ci mette la faccia, ma non sa per cosa. Nel muro si urla il bisogno senza una firma. Impossibili da fotografare, le chiamo infatti “le introvabili” come nelle figurine, le scritte contro Berlusconi, le uniche cancellate subito». Abbate si fa

fotografare accanto alla scritta con la bomboletta in mano come assunzione di responsabilità, presa di posizione, per contestualizzare nel tempo la scritta. «Le immagini sono state selezionate per stimolare una riflessione sulla società e sulle richieste silenziose dei cittadini. Palermo subisce e subendo non parla, non sa creare opposizione a quello che non funziona. La voce dei muri invece urla una possibilità di rivalsa, di cambiamento, chiarisce problemi?irrisolti, condanna i malfattori e fa nomi e cognomi di cattivi politici e di mafiosi, così come di parenti spregevoli e di amori infelici».

Nella scritta sul muro convivono sentimenti pubblici e privati. Racconta Marrone: «Sono interessanti i contenuti di queste scritte e fra le mie preferite ci sono quelle che hanno come tema l’amore e che proliferano sui cavalcavia di viale Regione Siciliana. Anche lì più che dichiarazioni d’amore per una storia che deve iniziare di solito ci sono confessioni pubbliche, fatte in prossimità dei luoghi dell’amata, per recuperare un rapporto che naviga in cattive acque.

Un modo di espiare una colpa privata in pubblico».

E allora camminando si polermo è che resistono di più i muri anarchici e illegali e le scritte proliferano nel centro storico, mentre nelle altre città è la periferia il loro regno. Qui si sfidano le zone militari e i muri istituzionali o i monumenti.

Le scritte non sono un fatto decorativo, come la street art, non hanno a che fare con il paesaggio, ma sono più come un ritratto. Sono una guida che racconta al turista emozioni che diversamente sfuggirebbero». Spesso le scritte sui muri riassumono desideri di tutti o sintetizzano pensieri che almeno una volta sono stati condivisi «La mia preferita è “Sinistra antagonista sto cazzo”, un lapidario e buffonesco giudizio sul ruolo dell’opposizione che sembra latitare dal panorama politico». Una vera e propria enciclopedia urbana dei sentimenti palermitani che si aggiorna quotidianamente, una “muropedia” che si scrive collettivamente.

ARTICOLO DI ELEONORA LOMBARDO DEL 6 FEBBRAIO 2016, LA REPUBBLICA

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One Response to Il libro di Palermo scritto sui muri

  1. NICOLA T. Rispondi

    8 febbraio 2016 at 11:29

    «Le immagini sono state selezionate per stimolare una riflessione sulla società e sulle richieste silenziose dei cittadini.” Palermo subisce e subendo non parla, non sa creare opposizione a quello che non funziona.”
    La voce dei muri invece urla una possibilità di rivalsa, di cambiamento, chiarisce problemi?irrisolti, condanna i malfattori e fa nomi e cognomi di cattivi politici e di mafiosi, così come di parenti spregevoli e di amori infelici».

    Quindi analisi logica del tutto? SCUSA SE MI PONGO DOMANDE E MI RISPONDO DA MEZZO SICULO.
    IL TUTTO ALLA FINE APPARE DI UNA PESSIMA “INUTILITà TOTALE”, TUTTI SCRIVONO PRO O CONTRO QUALCHE COSA… (RISULTATO UGUALE A ZERO) AZIONE CHE PERò INCIDE PESANTEMENTE SUL DEGRADO TOTALE DI PALERMO, SERVE? A CHI SERVE? E SALITO AL NORD VORREI CAPIRE IL VANTAGGIO DOV’è?
    “CHI NICCHI NACCHE?” (dov’è il nesso di tutto ciò?)

    SI SAPPIA PERò CHE A PALERMO ESISTE CHI MOSTRA CERVELLO, COERENZA E VOGLIA DI CIVILTà DIFFUSA POSSIBILE: è NATA L’ASSOCIAZIONE RETAKE PALERMO . (TRAMIAMO CIVILTà – RETAKE PALERMO).
    Brava gente sveglia: dategli una mano sostanziosa – perché questi volontari del pulito e del bello – sapranno riportare la vostra città al decoro diffuso.

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