I vari aspetti dei graffiti

Graffiti

Il Graffitismo nasce alle fine degli anni ’60 a New York. Le sue origini sono legate alla metropoli e al disagio che le grandi città creano, infatti, molti artisti anonimi avevano scelto i grandi spazi lasciati vuoti dal degrado urbano o dalle strutture abbandonate per esprimere una loro idea di plasticità e decoro. I graffiti, quindi iniziano così, con una semplice scritta nelle periferie dei quartieri degradati dei neri o degli ispano-americani del South Bronx. Con il passare del tempo il fenomeno si è trasformato in una vera e propria forma d’espressione artistica valicando confini culturali e territoriali. I muri di New York sono decorati con un linguaggio grafico fatto di immagini e parole, che conquistano i turisti europei tanto da importarlo nel vecchio continente. In molte capitali europee, prime delle quali Parigi e Berlino, i graffiti arrivano grazie alla musica rap e hip-hop e diventano sinonimo di libertà espressiva e trasgressione. Questa è l’evoluzione che ha portato il moto di rivolta del sottoproletariato nero delle grandi metropoli, nato per contestare i finti valori dell’opulenta società dei consumi, a diventare uno tra i più grandi movimenti mondiali degli ultimi decenni. Oggi il Graffitismo si presenta come un fenomeno attuale, traversale e complesso. La trasversalità si manifesta con una fitta rete di scambi, collaborazioni e contaminazioni a livello internazionale; il pubblico interessato non è esclusivamente quello giovane, ma è eterogeneo. Considerare e parlare di Graffitismo, vuol dire anche, sollevare questioni ad esso legate, una delle quali è la serie crescente di atti vandalici ad opera di teppisti che deturpano edifici e monumenti screditando e sminuendo quello che è il significato di questa corrente. L’Associazione Nazionale Antigraffiti riconosce l’importanza e la valenza di questa giovane cultura artistica “Graffiti-Writing” e proprio per questo suggerisce una distinzione tra ciò che è arte e ciò che ha la presunzione di esserlo a danno della colletività.

IL FENOMENO COME ATTO VANDALICO

Per molto si è pensato che il confine tra arte e vandalismo fosse labile e precario, ma oggi è possibile stabilire delle differenze ben definite. Il fenomeno dei murales è associato al vandalismo quando ha per oggetto non solo i mezzi pubblici, ma anche edifici, pubblici e privati, purtroppo sempre più spesso di interesse storico. L’Italia da anni è vittima di questo dilagante problema, soprattutto nelle grandi metropoli, ormai sipari di scempi a danno del nostro patrimonio urbanistico, storico e artistico ad opera di bande di giovani o semplici teppisti.

IL FENOMENO COME ASPETTO SOCIALE

Ruolo fondamentale per comprendere il fenomeno “graffiti” è l’aspetto sociale. Nei ghetti dell’America di fine anni sessanta il graffito è visto come un’autentica esigenza espressiva, una rivendicazione al proprio diritto di parola. Verso gli anni ottanta si forma una realtà virtuale, che trova nei graffiti e nella musica rap ed hip hop un sinonimo di espressività e trasgressione. Gli autori, bande o semplici writers, li fanno per esprimere opinioni politiche, un malcontento sociale, un messaggio di denuncia. Oggi la questione non interessa più un disagio politico o reale, si tratta di acquisire visibilità all’interno di una parte della comunità giovanile, per sfuggire alla noia e conquistare un surrogato di notorietà. Questi comportamenti non sono motivati da uno studio delle forme o dei colori, infatti si presentano sui muri spesso sottoforma di firme (tags), quasi a voler ricordare a se stesso e agli altri che “io” esisto.

IL FENOMENO COME ARTE

“L’arte deve essere qualcosa che libera l’anima, che provoca l’immaginazione e incoraggia le persone ad andare lontano con la fantasia” sono parole di Keith Haring, il re dei graffiti che simboleggia la parabola artistica e sociale del graffitismo degli anni ottanta. Sono molti gli artisti che nel tempo si sono ispirati a queste parole e trovando in questa nuova espressione artistica un modo alternativo di comunicare. Malgrado le origini di questo nuovo modo d’intendere l’arte siano riconducibili alla illegalità, lentamente questo grido ribelle metropolitano è stato fagogitato dalla società, dal mercato e dal sentire comune facendone proprio il messaggio e sfruttandolo come strumento per fare soldi. Attualmente sono molti i direttori di musei e gallerie a contendersi artisti di fama mondiale ( come Warhol, Haring, Basquiat…) che non più emarginati o declassati sono diventati vere icone della società moderna.

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