Quell’oasi chiamata centro storico

Gira una leggenda metropolitana, amici diversi me l’hanno raccontata, ed una mattina di venerdì anche un giornale ne ha dato una vaga notizia. C’era una stradina di una città mediocre dall’atmosfera tranquilla, di quelle in cui ogni individuo si fa gli affari propri e nella quale sorgeva un’enorme chiesa dal sapore di rudere.

Neppure il crollo della facciata avrebbe smosso i suoi abitanti e quando una parte della chiesa crollò nessuno se ne preoccupò più di tanto. In fondo i canti e i balli che talvolta si tenevano nella chiesa abbandonata potevano continuare, in bella mostra, magari davanti a qualche telecamera. Poco più in là un cortile di un palazzo appartenuto a gloriosi signori del passato ora ospitava solo autovetture e degrado, ma neanche lì nessuno vi puntava il dito, anche questo faceva parte del sistema.

In questa stradina abitava anche un giovane ragazzo. Molto propenso a pensare che quella via potesse risorgere all’antico splendore. Il giovane non approvava i canti e balli fittizi che avvenivano tutte le domeniche nella chiesa e decise, con un gruppo di amici, di dar voce al senso di frustrazione che lo attraversava. Il giovane ragazzo era molto ingenuo, egli credeva che con le parole e con la sua musica fosse possibile risollevare la stradina caduta in disgrazia. Scrisse, e poi scrisse ancora per dar voce ai soprusi che accadevano nella stradina della città mediocre, illudendosi che col suo fare la gente della stradina si svegliasse dal letargo.

Un giorno accadde qualcosa di strano che turbò l’animo di alcuni abitanti della stradina. Ora il ragazzo stava proprio esagerando, dissero. Queste cose non si scrivono, dissero. I panni sporchi si lavano in famiglia, dissero. Il ragazzo doveva smetterla, affermarono.

E fu così che un pomeriggio di autunno gli abitanti si recarono dal ragazzo ordinandogli di smetterla di scrivere cose che non si possono scrivere e soprattutto di piantarla con quella melodia malinconica che turbava i loro animi. Fu così che pensarono di far valere i loro interessi, che non potevano essere toccati a differenza del diritto di esprimersi del ragazzo! In fondo era solo un ragazzo ingenuo al quale al più presto andava insegnato cosa fosse la vita.

Ma il ragazzo non si arrese, nonostante gli fossero state danneggiate cose a lui care, si recò dal maresciallo della zona, il quale gli aprì gli occhi. Queste cose accadono di continuo, disse. È una stradina senza speranza, disse. E in tutte le stradine come la tua accadono cose simili, disse. È meglio che tu ti adegui, questa è la prassi di tutta la nostra città mediocre, affermò.

Fu a quel punto che il ragazzo decise di abbandonare al proprio destino quella stradina, fece le valige mettendo dentro tutti i suoi scritti e la sua immancabile musica malinconica, lasciando al proprio destino quella piccola stradina del centro storico che lui chiamava Napoli.

di Marcello Mottola

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