Ancora danni dai cortei. I vandali rimangono indisturbati.

 Quando la piovra si ferma su largo della Crocetta, sembra quasi ritrovarsi in una giornata di Carnevale. Un carro dai cui tentacoli penzolano piccole facce di cartapesta di Monti e della Merkel, di Obama e della Fornero, di Berlusconi e così via. Quando poi, però, l’occhio mette a fuoco lo sfondo, ecco che appaiono i vetri spaccati della filiale Unicredit dello stesso largo, ecco l’aria rarefatta di fumogeni, ecco – insomma – il solito copione dei No Tav, della sinistra estrema e della loro manifestazione contro tutto e contro tutti.

L’ultimo giorno di Marzo, il corteo è partito da Porta Romana ed è arrivato fino a Piazza Affari. Si trattava di No Tav e No Tem (No Tangenziale Esterna Milanese), del comitato per la difesa delle Case Pubbliche e di quello che difendeva i Treni Notturni, oltre che, naturalmente, dei leader di “Occupy Milano” e “Occupy Piazza Affari”, i corrispettivi italiani – un po’ meno informati e molto più ideologici – degli “Indignados” e di “Occupy Wall Street”.

Com’è andata? Grazie a Dio non ci sono stati feriti, ma – d’altro canto – non sono mancati i muri puntualmente imbrattati da sigle e graffiti: ragazzi incappucciati e bombolette pronte a entrare in azione. Li vedevi con le loro gambe svelte, pronti a colpire sulle pareti delle strade e a preferire quelle delle banche. C’erano i più organizzati, con tanto di secchi di vernice e pennelli da imbianchini. E ancora, chi portava striscioni da appendere senza autorizzazione: come chi si è arrampicato sui ponteggi all’incrocio tra corso di Porta Ticinese e via De Amicis, o come chi ha dato il meglio di sé in via Torino.

L’apoteosi, come era preventivabile, è stata in piazza Cordusio, la City italiana – come fra l’altro la definivano anche loro, nei loro modi dispregiativi. Qui ecco le uova ancora contro Unicredit, oltre che le pericolose provocazioni alle forze dell’ordine. Piazza Affari “occupata” è stata vilipesa dagli scarti delle loro bottiglie di vetro, e dalla spazzatura che gettavano dovunque – coerentemente con “la difesa del territorio” che millantano quando si oppongono all’alta velocità in Valsusa o alle altre grandi opere.

Nel nostro camminare all’interno del corteo No Tav, abbiamo notato tante parole sconnesse ma collegate soltanto allo scopo di urlare, abbiamo notato persone disinformate su quello che facevano o dicevano: tanti giovani – è vero – ma che spesso si affacciano alla sinistra estrema senza aver mai letto un libro. E il patetismo di magliette fatte indossare a dei bambini, di bandiere fatte sventolare a persone migranti che parlano un’altra lingua. La solita musica, i soliti esaltati che addirittura vanno in giro semi-svestiti, e le parrucche che continuano a suggerirci quell’immagine di un Carnevale poco divertente. Reportage da una Milano dove il vento non è cambiato, storia di una minoranza che imbratta le strade cercando di sporcare il Paese.

                                                                                                                     

Salvatore Todaro

Foto di Nadir Mennuni
 
 

  

 

 

 

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