NON CHIAMATELI GRAFFITI

MILANO E I SUOI MURI SPORCHI

Editoriale  apparso sul Corriere della Sera il 6 ottobre 2012 a firma di GIANNI RAVELLI

Da questa pagina mi è capitato più volte di difendere i giovani. Il loro diritto di godersi la città nelle ore serali e notturne; la giusta aspettativa di entrare nel mondo del lavoro senza attendere un tempo infinito; la ricerca di una Milano ospitale. Che non imponga loro costi spropositati quando vi si stabiliscono da altre città; la ricerca di spazi di aggregazione e di divertimento. Alcune settimane fa, proposi che degli «under 30» affiancassero i dirigenti di istituzioni ed enticittadini per trasmettere a Milano energia e freschezza. Credo, quindi, di far parte di coloro che nei giovani credono e che cercano sempre di difendere le loro richieste. Fatta questa premessa, credo sia intollerabile lo stato di degrado in cui molti giovani – e giovanissimi – vandali hanno ridotto la città, ricoprendola di scritte e sfregi. Utilizzo il termine vandali, per rispetto ai veri artisti della Street Art, l’arte di strada che nasce con motivazioni di vario genere, condivisibili oppure no, ma comunque effettive: esigenza di esprimersi, volontà di mostrare le proprie composizioni a un larghissimo pubblico, protesta sociale. Niente di tutto ciò nei segnacci che sfregiano Milano, ma solo volontà di insozzare tutto quanto è a portata di mano, dai muri della case ai treni della metropolitana, dai monumenti ai cestini dei rifiuti.
Se vogliamo contrastare un fenomeno, dobbiamo cominciare a chiamare le cose con il loro nome: non graffiti, dunque, ma sfregi, semplicemente. Le firme o tag che hanno ricoperto Milano di un sozzo mantello nulla hanno a che vedere con la libertà d’espressione e con una ricerca artistica, trasgressiva o alternativa, ma sono semplicemente bravate di vandali. La riprova di questo è data dal fatto che, ormai, nelle schiere degli imbrattatori, si contano addirittura dodicenni: poco più che bambini. Dunque, se forme di arte urbana possono avere diritto di cittadinanza, la stessa cosa non vale per gli sfregi, che, in quanto tali, vanno cancellati e combattuti. Senza nessuna indecisione.
Dei modi per ottenere significativi risultati abbiamo scritto più volte; dalle campagne informative alle pene pecuniarie; dalla sensibilizzazione nella scuola (a partire dalle classi elementari), alla manutenzione ordinaria, che significa eliminare le prime scritte senza aspettare che la facciata della casa ne sia completamente ricoperta. Ma – come sappiamo bene – qualsiasi progetto funziona, nel nostro Paese e nella nostra città, solo se viene fissata una scadenza, meglio se ravvicinata. Scadenza che potrebbe essere il prossimo Salone del Mobile, ad aprile. Si faccia in modo che le centinaia di migliaia di visitatori provenienti dall’Italia e dal mondo trovino una Milano più pulita, meno trascurata e insozzata. Da parte dei cittadini c’è voglia di reagire al
degrado urbano che avanza. Concretamente. Molte associazioni di volontari lo stanno già facendo. Ora la risposta spetta al governo della città.

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