Graffiti urbani, un modesto esercizio calligrafico, non certo arte

Il Corriere della Sera ha pubblicato in data 15 aprile 2013 a firma Giacomo Valtolina, un’ intervista a un certo Pavel di Quarto Oggiaro, writer di strada sino all’età 14 anni e ora passato dalla parte opposta, cioè tra i pulitori di questo degrado urbano. Alla collettività i graffiti  e, comunque tutto ciò che con l’espressione artistica ha ben poco da spartire, costano migliaia di euro. Nonostante qualcuno, ostinatamente, li difenda come artisti, in nome di una libertà di pensiero che mai deve essere  imprigionata in uno schema borghese qualunquista, vi assicuro che di artistico non vi è nulla. Come diceva il grande Picasso l’arte deve contenere “pathos” altrimenti è solo artigianato. E di questo si tratta, solo di puri esercizi calligrafici tendenti a una illusoria ispirazione iconoclasta. Dietro ai graffitari, diciamolo una buona volta, vi sono gruppi organizzati che impongono degrado urbano in nome di una politica liberistica che, a loro dire dovrebbe tendere a una assoluta libertà di espressione individuale, incapace di restare chiusa nei musei o nella sale, mentre invece, porta ad un inutile imbrattamento di ogni spazio urbano disponibile. Provate e chiedervi  perché mai i graffitari provengano da quelle stesse città che hanno bandito da tempo questa pseudo arte di strada, forse perché l’Italia all’estero viene raffigurata come un paese propenso alla massima tolleranza? Non possiamo dimenticare come sia ormai ampiamente dimostrato che un ambiente urbano ordinato e pulito favorisca una serena e pacifica convivenza civile. Questa mia non vuole certo essere una guerra contro l’espressione artistica metropolitana giovanile, ma semmai una presa di coscienza necessaria in un momento instabile e profondamente critico come quello che economicamente stiamo attraversando. Se qualcuno volesse ancora paragonare questi rozzi esercizi calligrafici alla vera e originale arte dei murales, si rende necessario rammentare come artisti di strada messicani del calibro di Orozco, Siqueiros, Rivera, tanto per citare i più famosi, dipingevano sui  muri vaste decorazioni dal forte contenuto sociale, creando una sorta di mitologia laica. Quelle opere realizzate tra il 1922 e il 1927, vennero definite “il libro dei muri” e furono riconosciute universalmente come opere d’arte a tutto tondo, poiché contenevano idee, denunce e pathos artistico.  Anche  Pavel si è reso conto che il degrado urbano deve essere combattuto con esempi virtuosi, “con un’azione dal basso che s’ispira a una cultura del fare e rende il cittadino protagonista nella lotta contro il degrado”. Vi assicuro che il mondo mai come ora ha bisogno di arte e le nostre città devono rivendicare quanto prima il loro ruolo di aggregazione urbana finalizzata a quella serenità interiore che si cerca in fondo per tutta una vita. Anche un murales ben ideato e artisticamente valido può contribuire a limitare quel grigiore urbano che qualcuno identifica come la causa del disagio giovanile, ma ricordiamoci che di arte bisogna sempre parlare!

Luigi E. Vigevano

 

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