Strategie anti graffiti

ATTACCO A VENTIMILA PALAZZI

Dei 50 mila palazzi di Milano, 20 mila sono imbrattati da graffiti (fonte Assoedilizia) e non parliamo di murales , ma di scarabocchi, non di street art , ma di vandalismo. Al primo maggio 2015, giorno di inaugurazione di Expo, mancano 617 giorni. Per cancellare tutte le scritte entro quella data e offrire ai visitatori stranieri un’immagine decorosa della città bisognerebbe ripulire 32 palazzi al giorno. Tutti i giorni, compresi sabato e domenica, Natale, Capodanno, Pasqua, Ferragosto e ogni altra festa comandata. Tutti i giorni al lavoro con detergenti e cannoni ad acqua per lavare dai muri il segno di chi vorrebbe tramandare ai posteri la firma della propria stupidità. Sarebbe un’impresa impegnativa e costosa; difficile, ma possibile. Però inutile. Perché il cretino, a differenza del bandito, non si riposa mai e tornerebbe a sporcare di notte ciò che è stato pulito di giorno.

Nulla sembra funzionare contro queste cavallette della vernice spray che attraversano la città imbrattando ogni cosa. Nel 1982 due criminologi americani, James Q. Wilson e George Kelling, elaborarono la «Broken windows theory», la teoria delle finestre rotte, secondo la quale se le persone si abituano a vedere una finestra rotta, si abitueranno a vederne rompere altre e a vivere in un ambiente devastato da teppisti e vandali senza reagire. Riparando subito la finestra, invece, le persone impareranno a considerare «normale» la legalità partendo appunto dalle piccole cose. Vari esperimenti dimostrarono che la teoria era efficace: se c’è un cumulo di rifiuti, presto ne porteranno altri, mentre su un marciapiede pulito è più difficile che qualcuno, per primo, scarichi dell’immondizia.

Purtroppo con i graffiti quella teoria non funziona. Un muro appena ripulito scatena l’ossessione compulsiva di chi non può fare a meno di marcare il territorio con la bomboletta di vernice; lo fanno anche gli animali, ma in un altro modo. Arrivare per primi a «firmare» una parete intonsa è titolo di merito fra questi specialisti dello scarabocchio e quindi si scatena la corsa.

Si dirà che non bisogna prendersela perché tutte le grandi città del mondo sono imbrattate, chi più, chi meno, dai graffiti. Ecco, il problema è che Milano è fra i «chi più». Siamo addirittura diventati una meta internazionale per il turismo vandalico perché è passata la voce che qui non si rischia nulla. Qualcosa però sta cambiando: i vigili hanno intensificato i controlli e hanno avviato indagini più sofisticate con l’analisi delle immagini e la creazione di una «banca dati» dei graffiti. Ma i vigili da soli non bastano. Il danno economico e di immagine provocato da questi vandalismi meriterebbe sanzioni adeguate. In primo luogo un risarcimento economico (a carico delle famiglie nel caso di minorenni): se hanno i soldi per comperare la vernice spray, li trovino anche per pagare le riparazioni. E poi un po’ di lavoro socialmente utile, meglio se faticoso, meglio ancora se finalizzato alla pulizia dei muri imbrattati. Perché forse la stupidità non si può guarire, ma una terapia energica può sicuramente aiutare a contenere i sintomi.

Articolo apparso sul Corriere della Sera del 22 agosto 2013 a firma di Claudio Schirinzi

 

Lettera di risposta all’editoriale del Corriere della Sera:

Egregio Claudio Schirinzi,
la ringrazio per l’editoriale apparso oggi sul Corriere della Sera.  Sono diversi anni che l’Associazione Nazionale Antigraffiti, di cui ho l’onore di essere presidente, è impegnata su questo fronte. Da quando è nata, l’associazione ha visto l’alternarsi di due amministrazioni con colori diversi ma con gli stessi proclami: cancellare le scritte dai muri di Milano. Con la giunta di Centrodestra l’impegno è stato di milioni di euro, ma senza una vera strategia: quindi risorse economiche sprecate. Con la giunta di  Centrosinistra la promessa dell’Assessore competente è ripulire pochi mesi prima dell’Expo, con i fondi dei privati: pessima strategia basata sempre sull’emergenza, molto “italian style”.

Gli argomenti trattati da lei nell’articolo noi li sosteniamo da tempo: l’aspetto sociale, con la teoria delle finestre rotte, e l’aspetto del risarcimento, con i lavori socialmente utili. Un aspetto da lei menzionato, luogo comune molto diffuso ma da smentire, è il falso mito che pulire non serva, convinzione che l’associazione sostiene da tempo e suffragata da un esperimento pilota denominato Milano Quartiere Pulito. Insieme ai report condotti sul territorio adottato, viale Abruzzi in particolare, si è dimostrato in modo scientifico, e con buone prospettive di successo se riportate su scala cittadina, che più si pulisce e più i vandali demordono dal rifarlo.
Diversamente, lasciare una sola scritta su un muro pulito richiama altri vandali a farne delle altre.

I cleaning day che organizziamo periodicamente hanno dimostrato che non ci vogliono enormi risorse per ripulire e che, spesso, in diversi casi i cittadini possono gestire la ripulitura del proprio palazzo anche da soli, con poche decine di euro e in pochi minuti.
Per fare un esempio concreto: la zona intorno a largo Paolo Grassi è stata ripulita il 26 maggio con i soldi dell’Associazione e grazie all’intervento di settanta volontari, tra cui il sindaco e il direttore del Piccolo Teatro. La spesa per i materiali: circa quattrocento euro. Il tempo per ripulire: meno di tre ore. La proprietà dell’immobile ripulito: il Comune di Milano!

Quello che serve ai milanesi è un cambio di mentalità per appropriarsi dei propri spazi in modo attivo, perché la città non è la terra di nessuno e tanto meno non è la terra dei vandali.

Alla fine del prossimo mese faremo una grande impresa: ripuliremo un tratto del Naviglio Pavese completamente devastato da centinaia di scritte. Sarà un cleaning molto difficile sia per l’intervento di ripulitura che per il mantenimento del decoro nei mesi successivi. Il Comitato Navigli che ci ha contattato ha chiesto un nostro supporto, perché per i progetti  dell’Expo c’è solo la Darsena da ripulire. Noi pensiamo che sia un’assurdità pensare di ripulire una sola parte di territorio per lasciare sporco tutto il resto. Seguiranno altri due cleaning vicino alla Stazione Centrale e in via Fabio Filzi con associazioni di cittadini. La città si sta svegliando. Milano può tornare pulita se a crederlo siamo tutti quanti.

Grazie anche al suo articolo questo sogno potrebbe non essere un’utopia.

Distinti saluti.

Andrea Amato
Presidente Associazione Nazionale Antigraffiti

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One Response to Strategie anti graffiti

  1. andrea Rispondi

    2 settembre 2013 at 14:35

    Buongiorno, come suggerito anche da altri, forse l’unica soluzione di prevenzione potrebbe essere il verde verticale o semplicemente delle vasiere con edera rampicante. Resta da capire quali permessi servono per occupare i marciapiedi con le suddette vasiere.
    Grazie.

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