San Siro, i writers rifanno il look con un graffito lungo un chilometro

L’iniziativa In 150 hanno ridisegnato i muri che costeggiano l’ippodromo in viale Caprilli
“Se a questi ragazzi dai una occasione per esprimersi eviteranno di farlo illegalmente”

COLORI che fanno spazio a nuovi colori. E tante bombolette al lavoro sotto lo sguardo benevolo di residenti e passanti. La lunga striscia di muro che costeggia l’ippodromo del galoppo dalla parte di via Caprilli e che porta a San Siro, dà spazio alla rivincita (civile) dei writers. E laddove campeggiavano i faccioni caricaturali di Collina, Ronaldinho e Roberto Baggio, adesso ci sono purosangue, fantini e scene di corse ippiche immerse nel verde. Cavalli che sembrano uomini, donne, ma anche macchine o sogni psichedelici.
La manifestazione si chiama “Stadio Street Players”, palcoscenico dirompente per la street art: 150 artisti, 1000 metri di parete a disposizione e un tema (i cavallie l’ippica),a formare la più grande jam di writers organizzata su territorio italiano. Su quegli spazi, due anni fa la stessa manifestazione aveva portato altrettanti giovani armati di bombolettaa esibirsi, lasciando alla città un articolato percorso di graffiti a tema calcistico come lascito della Notte Bianca di San Siro.
Quella di viale Caprilli non è una “reunion” di poche firme note, ma un evento di massa, con graffitari di tutte le razze: dai maniaci dell’evoluzione artistica della firma – la vecchia scuola del writing, che ha esponenti come Tawa – agli street artist di grido come Pao, fino ai più giovani frequentatori delle scuole d’arte (ma non solo), appassionati di figure antropomorfe, comics e città visionarie, come Frode, Il prosa, Tebo, Sapone e tanti altri. «Stavolta abbiamo fatto tutto senza patrocinio del Comune – spiega Marco Mantovani, in arte Kayone, writer della prima ora e responsabile dell’associazione Stradedarts che ha organizzato l’evento – la Trenno srl ha concesso i muri e noi ci siamo ritrovati per dipingere. Questo è il più grande evento del genere in Italia e anche le istituzioni dovrebbero accorgersene».
Criniere sfumate, narici scontornate, occhi e zoccoli curati nei minimi particolari. Osservando questi lavori di precisione, le foreste di tag che devastano le facciate dei palazzi milanesi sembrano lontane anni luce. Ma sarebbe un errore pensare che questi siano a due mondi separati: quasi tutti hanno nel proprio curriculum artistico anche “throw up” e pezzi illegali in giro per la città. Eppure uno degli obbiettivi di Stadio Street Players, spiega Kayone, è quello di dimostrare come manifestazioni del genere siano un buon deterrente per il proliferare di tag e imbrattamenti. «Se a questi ragazzi dai un muro su cui esprimersi, è più probabile che decidano di svuotare le loro bombolette qui, piuttosto che di notte sui muri illegali, in tutta fretta perché hanno paura di essere scoperti. Così, almeno, hanno modo di far vedere cosa valgono. Poi, se questa sia arte o meno, non possiamo essere noi a dirlo».

Articolo apparso su la Repubblica del 22 settembre a firma di Luca De Vito

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