«Caro writer , ora basta imbrattare i nostri muri»

Lettera di un potentino per salvare la città da uno scempio continuo

POTENZA-  È la «lettera ad un artista mai nato» quella che un nostro lettore ha deciso di scrivere a un
writer, ormai stanco delle continue aggressioni contro i muri del centro storico di Potenza. «Caro writer, penoso emulo di Basquiat, lontanissimo parente del mitico Bansky, mi chiedo da sempre cosa ti spinge ad imbrattare i muri della mia (tua) città». Esordisce così il signor E. G. nel suo appello a un «imbrattamuri»senza volto, ricordando due grandi esponenti  del graffitismo americano e inglese a sottolineare l’enorme distanza. «Denoto una certa eleganza e proporzione nel tratto dell’ultimo scempio in via Pretoria; probabilmente potresti approfondire questa tua latente capacità e svilupparla in ambiti un attimo più consoni». Ironia e benevolenza si alternano a toni sempre più duri. «Ma non credo sarai mai in grado di farlo, in quanto figlio di una sottocultura inculcata da genitori poco attenti, da amministrazioni della città che ti sono state di fulgido esempio e ispirazione, dalla assoluta assenza di controlli da parte delle forze dell’ordine, dalla eccessiva tolleranza delle istituzioni», aggiunge il nostro lettore indignato per le condizioni di via Pretoria e per un problema che non si riesce ad argin a re. «E se tu fossi spinto da motivazioni diciamo un po’ nobili, magari di ribellione, di sfida contro le regole, di protesta contro il sistema?», sin chiede il nostro lettore, che in questa sua lettera-sfogo non può però che constatare di trovarsi di fronte a un writer che non si è «mai cimentato sulle pareti del suo palazzo, o su quelle della sua stanzetta». «Per essere Ribelli – continua il signor E.G. – non basta tatuarsi il Che sui bicipiti (o peggio sulle caviglie) o impiastricciare i muri di nascosto, ma occorre metterci la faccia». E dalla denuncia, poi passa all’ir ritazione e alla rabbia, per passare anche un appello accorato a questo «artista mai nato» «Caro amico, la città è anche la tua: non ci vuole nulla a distruggerla, il difficile è costruire. Devi considerarla come una fragile creatura da proteggere, non da annichilire. Sei tu, ed insieme a te quelli della tua generazione, atteso che noi abbiamo miseramente fallito, a dover uscire dal guscio, alzare la cresta (o il cappuccio della felpa) da facebook, piantare il seme di una rivolta costruttiva e culturale, salvare quella che potrebbe essere una bellissima realtà, vivibile, elegante, civile e pulita: la nostra, la tua Città». Un invito che si allarga a quanti potrebbero essere protagonisti impegnandosi nel costruire una città diversa. «Comincia a spendere il tuo nome, metti a disposizione della comunità le tue qualità, se mai ne hai. Che dire di più?» Nulla. Parlano quei muri, anche di monumenti, feriti, graffiati, che offendono non solo la città, ma tutti i cittadini. Perché quella non è certo u n’espressione artistica o una forma di ribellione. Veri e propri atti vandalici che puntualmente si ripetono in pieno centro storico senza che qualcuno riesca ad arginare e dare un volto a quelle sigle che si ripetono in tanti angoli di Po t e n z a . «In attesa di una risposta, passo, per l’ennesima volta, a far ripristinare la facciata di casa», conclude il nostro lettore, in quella continua lotta tra chi sporca e chi continua a pulire e credere che si possa cambiare. Perché forse ci sarà qualcuno che avrà visto chi sono questi pseudo- graffitari.

Lettera di Luigia Ierace pubblicata il 10 dicembre 2013 su La Gazzetta del Mezzogiorno

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