Writer vende falsi Bansky sui Navigli “Così mi pago le spese dell’avvocato”

Il caso Provocazione del graffitaro Mattia: “Nell’era di Internet anche il non vero acquista valore”

La performance ha reso 400 euro. Serviranno per il processo scattato dopo essere stato sorpreso a sporcare i vagoni del metrò

MILANO – Opere di Banksy in vendita sui Navigli. Ma vere o false? Il dubbio sarà venuto a chi nei giorni scorsi si è imbattuto in un chioschetto improvvisato sul ponte del Naviglio Grande, dove un uomo si è messo a vendere tele con disegni similia quelli del writer di Bristol. Piccoli quadretti con stencil nero su sfondo bianco, a 60 euro al pezzo, raffiguranti alcuni delle sue opere più famose come la bambina con i palloncini e i fiori di molotov. A molti sarà tornata in mente l’iniziativa di New York pensata dallo stesso artista inglese, celebre per aver dipinto nei posti più impensati come le gabbie dello zoo di Barcellona. A ottobre Banksy ha infatti organizzato la vendita a prezzi bassissimi di alcune sue opere, senza che però queste avessero alcun segno di riconoscimento ufficiale: un modo per far sì che, all’apparenza, gli acquirenti pensassero di trovarsi di fronte a dei banali falsi, esposti su un banchetto con la scritta “spray art” e venduti da un anziano signore. Solo il giorno dopo e a cose fatte, l’artista ha confermato con un video sul suo sito web che si trattava di pezzi autentici e che gli ignari compratori si erano impossessati di tele da decine di migliaia di dollari spendendone appena sessanta. L’iniziativa milanese, invece, è stata realizzata da Mattia, writer milanese con uno scopo ben diverso. «Con la nostra installazione “better fake than real” abbiamo voluto provocare e spingere a livello successivo quanto fatto da Banksy”, ha spiegato il graffitaro. Se l’artista inglese ha venduto le sue tele in incognito facendole passare per false, Mattia ha voluto vendere opere molto simili a quelle di Banksy che la gente ha comprato credendo di acquistare (a prezzi stracciati) dei quadri autentici. Imponendo così una riflessione sul significato di ciò che è vero nell’arte. «Nell’era di Internete dei meme – ha aggiunto Mattia – il falso è un momento del falso stesso e ha valore di per sé. Nessuno è Banksy oppure siamo tutti Banksy: non cambia nulla, ciò che contaè solo la falsità a cui le persone credono in quel momento preciso». Nella breve performance milanese, durata l’arco di una giornata, il writer è riuscito a racimolare circa 400 euro. Soldi che userà per pagarsi le spese dell’avvocato in un processo che lo vede coinvolto: l’accusa contro di lui è quella di aver imbrattato con lo spray alcuni vagoni della metropolitana.

Articolo apparso il 27 dicembre 2013 su La Repubblica di LUCA DE VITO

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