Graffiti metropolitani in versione ecosostenibile

Basta spray indelebili e vernici industriali: una nuova generazione di artisti urbani sta riscrivendo le regole del graffitismo grazie a nuove tecniche e materiali sostenibili come muschio, fango, acqua e colori naturali.

Una mostra alla galleria DoubleRoom di Trieste fino al 30 gennaio

Basta spray indelebili e vernici industriali: una nuova generazione di artisti urbani sta riscrivendo le regole del graffitismo grazie a nuove tecniche e materiali sostenibili come muschio, fango, acqua e colori naturali. Lo scopo è sempre quello di criticare la società e proporre una cultura alternativa, ma i messaggi lasciati sui muri da questi artisti non sono più illegali e indelebili. Gli ecograffiti sono infatti consentiti (o per lo meno tollerati) e rispettano l’ambiente. Le foto e i video di tre fra i più interessanti di questi street artist internazionali saranno i protagonisti della mostra “Ecograffiti: messaggi ecologici in città” che resterà aperta alla galleria DoubleRoom di Trieste fino al 30 gennaio prossimo. Un’occasione per scoprire un modo di fare arte che non si limita a stare chiusa nelle gallerie, ma che per lanciare un messaggio scende nella giungla urbana rendendola più verde.

“Analizzando l’evoluzione del graffito nelle sue declinazioni più attuali, la mostra ha l’obiettivo di monitorare alcune fra le espressioni più interessanti della creatività urbana contemporanea” spiega Massimo Premuda, curatore della mostra. I muri e le gallerie sporcati dall’inquinamento e dallo smog sono la tela di Paul Curtis, artista britannico pioniere dei reverse graffiti, conosciuto come Moose. Da oltre dieci anni Moose realizza complesse opere rimuovendo lo sporco con potenti idropulitrici, detergenti o spazzole, in modo da ottenere dei disegni “in negativo”. Il risultato sono opere che lanciano messaggi ambientalisti, denunciano i danni dello smog e invitano i passanti ad abbracciare stili di vita più ecologici.

Sempre dal Regno Unito arriva la grafica e illustratrice inglese Anna Garforth. Ispirandosi alla capacità del verde di sopravvivere all’interno del contesto urbano, Anna Garforth realizza interventi artistici sui muri dei palazzi con materiali sostenibili. Il suo progetto MOSSenger (un gioco di parole tra “moss”, muschio, e “messenger”, la nota chat) porta nel mezzo delle città messaggi realizzati con la tecnica del moss graffiti, ovvero graffiti di muschio. Nelle sue opere la consistenza del muschio vivo si sposa perfettamente ad una raffinata scelta tipografica e a messaggi poetici.

In mostra anche l’artista-attivista americano Jesse Graves, che combina terra e acqua, i due elementi fondamentali per la vita sul pianeta, in un’eco-vernice da usare con semplici stencil per veicolare provocatori messaggi di protesta, ma sempre nel rispetto della natura. I mud graffiti di Jesse Graves, realizzati col fango e facilmente deperibili, invitano i passanti a combattere gli OGM, lo sfruttamento degli animali o la pena di morte e incentivare l’uso della bici e il verde in città. “La quantità di sostanze tossiche usate per creare l’arte convenzionale è spaventosa” spiega Graves. “Se uno degli scopi del creare arte è quello di rendere il mondo un luogo più bello – sottolinea – allora sarebbe contraddittorio usare mezzi che causano la distruzione dell’ambiente, specialmente nei casi in cui le opere d’arte affrontano temi ambientali”.

“Il mezzo con cui l’arte viene creata – continua –caratterizza anche il concetto che essa esprime, quindi il fango è il mezzo più logico per il mio lavoro”. Secondo Graves i vantaggi che derivano dall’utilizzo dei mud graffiti è che sono temporanei, insoliti per gli spettatori e legali da realizzare. “Spero che gli stencil di fango spingano le persone a capire meglio la street art – conclude Graves – e a considerare stili di vita alternativi capaci di rimuovere i prodotti tossici dalle nostre vite”.

In mostra, oltre a foto e video che documentano gli interventi realizzati da questi artisti in giro per il mondo e che ne svelano le singolari tecniche, anche un’installazione dell’artista Mattia Campo Dall’Orto: un graffito anamorfico (ovvero che crea un’illusione ottica realizzata secondo una deformazione prospettica che ne consente la giusta visione da un unico punto di vista) che offre un’ulteriore riflessione sulla nostra percezione dello spazio urbano. “I moss graffiti, i reverse graffiti e i mud graffiti sono tecniche ecologiche che si sono affermate nell’ultimo decennio nascendo spontaneamente dal basso, ma il merito di questi tre artisti urbani è di aver perfezionato tali pratiche definendone i canoni estetici, concettuali e realizzativi” spiega Premuda.

Ma gli ecograffiti possono veramente aiutare l’ambiente? “I messaggi che vengono lanciati direttamente nello spazio pubblico con il graffitismo, la street art e l’arte pubblica sono particolarmente efficaci proprio perché alla reale portata di tutti” risponde Premuda, “e poiché un’immagine vale più di cento parole, sicuramente i contenuti ecologici veicolati con tali pratiche colpiscono immediatamente l’immaginario del pubblico. In questo modo – conclude – innescano necessarie riflessioni sull’ambiente in cui viviamo e suggeriscono comportamenti consapevoli nelle azioni di tutti i giorni”.

Articolo apparso su la Stampa.it il 3 gennaio 2014: http://www.lastampa.it/2014/01/03/multimedia/scienza/linvasione-degli-ecograffiti-RfF0Dm8WkMr6CFviYeyP3O/pagina.html

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