« Writer , cultura da difendere» «No, sono solo vandalismi»

Opinioni divise sulle scritte. Le indagini del pm Ramondini

Monumenti deturpati da graffiti che non hanno niente di artistico e le opere di graffitari che, invece, riescono ad abbellire la città

MILANO – Writer e dibattito. Arte o vandalismo? Chi sono veramente quelli che imbrattano i muri? Artisti di strada che però non disdegnano riempire le facciate dei palazzi con le proprie tag, o no? Figli di famiglie per bene, ma anche disperati senza arte né parte? E, dopo l’articolo del Corriere di ieri, c’è chi ci scrive e si stupisce di «una certa cultura che ha sempre difeso questo tipo di persone , lasciandole libere di fare quello che vogliono nelle nostre povere città» . Poi, inevitabilmente, il discorso slitta sulla legge e sulle sanzioni. Con i pm che di questi tempi si interessano di molti casi, anche con un grande utilizzo di intercettazioni e riscontri per cercare di arrivare a condannare persino chi non viene preso in flagranza di reato: mentre imbratta. «Il pericolo – aggiunge un lettore – è che stiamo creando dei ragazzi particolari che non trovano collocazione nella nostra società e si vanno sempre più rintanando nei lori gruppi». E aggiunge: «Un figlio di un mio amico si è perso in questi meandri e oggi, a 25 anni, non riesce più a trovare una sua dimensione che non sia quella di graffitaro» . Ma c’è anche chi rimane stupito dal fatto che «da 10 anni i writers riescano sempre a farla franca e organizzino supporto logistico a ragazzi stranieri che arrivano a Milano per eseguire i loro imbrattamenti». Eppure esiste una sezione della polizia locale che si occupa proprio di questo fenomeno, supportato da comitati di zona e associazioni nazionali. Si eseguono monitoraggi continui, si fanno persino intercettazioni e si lavora soprattutto su internet, dove trovi di tutto un po’.
La legge c’è e non è clemente. Si rischiano fino a 2 anni di carcere e multe anche di 10 mila euro. Per il giudizio penale, poi, la competenza è stata trasferita dal giudice di Pace a quello Ordinario. Ma c’è di più: lo scorso anno a Milano, per la prima volta in Italia, sono stati condannati per associazione a delinquere dei writers, perché gli è stato attribuito e riconosciuto «l’imbrattamento di gruppo». E non erano stati presi con le mani nel sacco, ma si è arrivati a loro attraverso indagini classiche e riscontri oggettivi delle tag. Fino a farli confessare.
Da qualche tempo a questa parte, tra l’altro, ha preso in mano la questione writer il pm Elio Ramondini, da sempre occupato in terrorismo internazionale e tangenti. Sugli imbrattatori certi userà la «mano pesante». C’è persino un lettore, un amministratore di stabili che ci scrive e si firma, che adombra forti sospetti, sulla base dell’esperienza personale, «che tra i graffiti su alcuni edifici milanesi e chi avrebbe dovuto rimuoverli, ci sia un certo collegamento». In pratica aveva aderito a un’offerta di rimozione graffiti con un abbonamento biennale che, a fronte di un pagamento mensile, sarebbero usciti a pulire ogni volta sull’imbrattamento. Dopo l’abbonamento, però, non si era più verificato alcun atto vandalico . A questo punto, non era stato rinnovato il servizio e dopo 5 giorni si erano ritrovati un graffito lungo tutta la facciata del condominio.

Articolo di Michele Focarete apparso sul Corriere della Sera il 20 gennaio 2014

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