Arco dei Gavi di nuovo sotto attacco

VERONA  – Un mese dopo l’inaugurazione, vandali già in azione. Deturpate anche le mura ai piedi delle Torricelle

Il graffito che sporca la superficie appena restaurata dell’Arco dei Gavi: c’è la firma del writer, una sfida ai divieti. Una scritta nera su sfondo color latte, quello della pietra bianca appena ripulita dell’Arco dei Gavi. A poco più di un mese dall’inaugurazione del monumento romano, riportato all’antica bellezza, è già spuntata una nuova scritta. Non un murales, grande e variopinto, come quelli che lo hanno imbrattato per anni. Ma un primo sfregio, in una trentina di centimetri quadrati, fatto in barba ai nuovi dispositivi di sorveglianza messi per tutelare l’opera, del primo secolo dopo Cristo. Il dibattito attorno alla protezione dell’Arco è stato lungo. Si era ipotizzato addirittura di circondarlo da un fossato per renderlo irraggiungibile da vandali e writers. Poi l’idea è stata accantonata. E l’Arco è diventato il centro di un frequentato giardino con vista sull’Adige e Castelvecchio. Sulla sua pietra uno ha lasciato una firma stilizzata, in gergo il proprio «tag». Una provocazione. Solo di notte i cancelli che circondano il giardino vengono chiusi. È una recinzione non molto alta e facilmente scavalcabile, resa però sicura da sistema d’allarme a raggi infrarossi, non sonoro ma in grado di allertare i vigili nel momento in cui scatta. Il sistema entra in funzione solo di notte, a giardino chiuso. Ma le telecamere che proteggono l’Arco sono in funzione 24 ore su 24 e potrebbero avere immortalato il colpevole. Che è comunque riuscito nel suo intento, imbrattando il monumento, il cui restauro durato tre anni è costato circa 700mila euro, di cui 500 donati dalla Fondazione Cariverona. Tra l’altro, i due occhi elettronici hanno alcune zone d’ombra che coincidono con l’interno dell’Arco, proprio dove c’è ora la scritta: a poco più di un metro d’altezza, nell’interno della prima colonna a destra – fronte corso Cavour. Lo sfregio all’Arco dei Gavi con pennarello nero impallidisce però al confronto delle scritte variopinte e ben più imponenti che colorano gran parte della cinta muraria che corre ai piedi e sulle Torricelle. Un fenomeno che negli ultimi 5 anni è andato intensificandosi. Le scritte dei writer imbrattano il tufo delle mura dalla Rondella Della Grotta fino al perimetro esterno di Castel San Felice e la cortina di collegamento. E i disegni non hanno risparmiato nemmeno alberi e arbusti o le panchine. «Il degrado è totale. Ma se le panchine – molte sono state bruciate – si possono ricomprare, chi ci restituirà il tufo delle mura, patrimonio dell’Unesco, una volta che saranno danneggiate per sempre? Perché non c’è sorveglianza? Almeno un controllo con le telecamere?», si chiede l’avvocato Maurizio Benassuti, che frequenta ogni giorno l’area. «Nei fine settimana è un percorso battuto da centinaia di veronesi e dai turisti. Uno dei luoghi più belli e panoramici della città, ma lo stato in cui versa è pietoso e il problema delle scritte gravissimo». Benassuti ha inoltrato due diffide al settore Patrimonio del Comune, cui spetterebbe il compito di tutelare le mura, e alla Soprintendenza, cui spetterebbe invece il ruolo di controllore. Una segnalazione inoltrata anche al Demanio, vero proprietario, e al sottosegretario ai Beni Culturali.

Articolo apparso il 28 gennaio 2014 sull’Arena di Verona

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