«Urbino, un gioiello Così la salvo dai graffitari »

La missione di Franco Cenerelli: ripulire la città

URBINO -  Il principio è che i graffiti non sono arte. Non se ne parla. Semmai potrebbero esserlo se fatti in luoghi adeguati «magari dopo un concorso di idee e progetti». L’applicazione del principio, molto netto, è che dove i writers colpiscono occorre intervenire e cancellare. E’ questo Franco Cenerelli, classe 1964. Lei è lo spauracchio dei vandali, come e dove ha iniziato? «A Pesaro. Io e un gruppo di artisti volevamo organizzare una mostra. Ma il degrado in città non aiutava a ricreare l’ambiente giusto. Così con l’associazione ‘Regresso Arti’ ci siamo proposti di ripulirla dai graffiti in cambio di uno spazio per le nostre mostre. Da lì è partito tutto». Ora state lavorando a Urbino. «Esatto. Sempre con il nostro gruppo volevamo ripulire i muri del centro. Ma…». Ma…? «Ma il fatto di essere un’associazione avrebbe creato solo problemi. Con la partita Iva, la possibilità di fare preventivi e una ditta che ho costituito apposta, anche ai fini fiscali, invece è tutto più semplice». C’entrano ancora una volta i cavilli burocratici? «Purtroppo sì. In parte però anche la difficoltà di metterci a disposizione una sala per le mostre. Questo avrebbe generato gelosie da parte di altre associazioni». Alla fine comunque una soluzione si è trovata? «Sì, ma un servizio che potevamo svolgere a titolo gratuito ora sarà a pagamento». Qual è la situazione di Urbino? «La città non è messa così male. Talvolta il problema sono le cancellazioni dei graffiti anni ’70. Si usava il cemento liquido, difficile da rimuovere. Come si dice, in questi casi la toppa è peggio del buco». Quanti muri puliti? «Non ho fatto il conto.
Ma prima di partire con i lavori abbiamo raccolto tutto il materiale fotografico possibile. Poi da lì il Comune ha selezionato alcuni punti sui quali intervenire». Se dovesse consigliare un deterrente contro il vandalismo…? «Prima di tutto secondo me è necessario che i cittadini segnalino queste situazioni. Inoltre credo che sia utile sporgere denuncia. E non importa se lo si fa contro ignoti. La cosa, credo, che può essere più utile è tuttavia l’installazione di telecamere. Poi la legge in Italia dice che per ragione di privacy non si possono fare riprese di questo tipo o perlomeno che occorre segnalare la presenza di telecamere con mastodontici cartelli…». E lei non è d’accordo, vero? «A mio avviso quando si ripete un reato è necessario ricorrere anche a questo strumento, ma senza segnalarlo. Altrimenti si invitano soltanto i writers a trasferirsi da un’altra parte. Se mi intercettano al telefono non c’è nessuna voce che mi avvisa… naturalmente». Lei, è chiaro, non considera il graffitaro una strana specie di artista… «Non condivido il modo. Sarei d’accordo se, per l’abbellimento di alcuni angoli degradati delle città, si facesse un concorso di idee. Ma non possiamo tollerare, come fanno in tanti, i vandalismi». Il suo lavoro sembra somigliare tanto alla tela di Penelope. «Infatti. Di recente ho tirato via un graffito che la settimana dopo è ricomparso. E’ stato l’ennesimo gesto di sfida, ma non mi arrendo ».

 

Articolo di Emanuele Maffei apparso il 27 aprile 2014 su Il Resto del Carlino

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