FERMARE IL DEGRADO

STRADE E MURI SPORCHI

L’abbandono abusivo dei rifiuti a Milano si vede. Prima delle ferie, il 19 maggio, un lettore ha inviato la fotografia di un water closet, un vaso sanitario per servizi igienici con ciambella e coperchio, mollato insieme ad altro nella via Cino del Duca all’angolo della piazzetta Umberto Giordano (dietro San Babila), di fronte a Palazzo Visconti. Materassi, elettrodomestici, mobili scassati non sono una rarità nelle strade del capoluogo lombardo. Il servizio di Paola D’Amico, apparso ieri su queste colonne, mostrava il fenomeno con un eloquente corredo fotografico.
Non sta a noi scrivere la ricetta che l’Amsa dovrebbe seguire per rintuzzare gli eccessi, aggiungiamo soltanto che talvolta si sopprimono i cestini stradali adibiti a raccogliere pattume perché si riempiono di ogni cosa. Ma è un provvedimento sbagliato, ché si pensa di porre rimedio a un problema cercando di creare difficoltà a coloro che lo alimentano: in tal modo il male diventa ancor più visibile, appunto, con l’abbandono dei rifiuti dove capita. Dal punto di vista logico è come se si decidesse di abbattere le case per togliere spazi a coloro che imbrattano i muri con i loro disgustosi sgorbi.
E questo è un altro capitolo del degrado urbano. Non c’è zona risparmiata; non è possibile indicare palazzo storico o casa d’abitazione che non abbia subito l’oltraggio di questa lebbra estetica, prodotta da tendenze incivili e repellenti, praticata da persone che desiderano vivere tra disordine e sporcizia. Anche un semplice giro per Milano mostra il fallimento di tutti i provvedimenti, dei dialoghi tentati dalle amministrazioni, dell’insuccesso di quelle che a suo tempo erano considerate soluzioni. Sappiamo bene che il fenomeno non è soltanto nostro, ma non possiamo tacere il fatto che da noi l’indifferenza di una politica che confonde la tolleranza con la licenza ne ha favorito l’intensificazione. Se si multassero, se si facessero ripulire i muri agli imbrattatori (come avviene nella civile e democratica Inghilterra) forse avremmo meno schifezze scarabocchiate in ogni angolo della città.
Un terzo aspetto, che aggiungiamo in calce al discorso, riguarda il verde. Si dovrebbe fare qualcosa di più e, soprattutto, si potrebbero recuperare senza sforzi titanici alcune aree che sembrano da tempo abbandonate a se stesse. Passavamo, per esempio, in via Calatafimi: c’è una pianta da un lato (rigogliosa perché ha una fontana accanto) e una piccolissima zona verde (malridotta) dall’altro; in mezzo un posteggio. Perché non piantumare al centro, tra le due file delle soste? D’estate le auto non sarebbero roventi e si migliorerebbe l’aria oltre che l’ambiente. Certo, c’è la spesa. Ma quella sostenuta per la piazza XXIV Maggio, a due passi da lì, non poteva prevedere anche qualche pianta in più nelle zone limitrofe? O qualcuno dirà che da quelle parti c’è già troppo verde?
I muri imbrattati, il verde curato alla meglio aiutano la fantasia di coloro che poi abbandonano i water closet
per strada.

Editoriale di ARMANDO TORNO pubblicato su Corriere della Sera il 9 settembre 2014

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One Response to FERMARE IL DEGRADO

  1. Marco Mercuri Rispondi

    9 settembre 2014 at 20:40

    “Non c’è zona risparmiata; non è possibile indicare palazzo storico o casa d’abitazione che non abbia subito l’oltraggio di questa lebbra estetica, prodotta da tendenze incivili e repellenti, praticata da persone che desiderano vivere tra disordine e sporcizia.”

    Uno passa la vita a detestare qualche cosa di fastidioso, pensando l’insulto peggiore per chi deturpa i suoi spazi senza logica e costrutto, poi arriva uno capace di dire le cose chiare e tonde, un comunicatore come Armado Torno e scopre la sua formula perfetta.

    Lebbra estetica prodotta da tendenze incivili e repellenti!
    Nulla può essere migliore, grazie

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