«A Brindisi negli anni ’80 c’era già una cultura hip hop»

Icona del mondo dei graffiti , il writer Mr. Wany è tra gli ospiti domani di una speciale giornata alle Manifatture Knos di Lecce

Street Art, libertà alla fantasia

LECCE – Lo “Street Art Day” verrà “celebrato” domani a Lecce, presso le Manifatture Knos a cura di Molly Arts Live e dell’associazione Street Art. Parteciperanno associazioni locali, collettivi, gruppi musicali e singoli artisti. Ci saranno molte iniziative (che coinvolgono anche le scuole) e la presenza del writer Mr. Wany, icona del mondo dei graffiti a livello mondiale. Alle 22 concerto dei Bundamove, ma prima Spoken Robot, spettacolo di Slam Poetry a cura dell’artista Massimo Pasca insieme ai ragazzi del suo laboratorio di slam poetry. Intanto l’associazione Carta Bianca, partner del progetto, ha avviato il lavoro di riqualificazione del muro di cinta delle Manifatture, per farlo diventare luogo di creazione e confronto per i writers (info: 329 0629612; facebook.com/ Street-Art-Day). Quella del writer è una vera vocazione come dimostra la storia di Andrea Sergio, il vero nome di Mr. Wany, nato a Brindisi nel 1978 e già noto con il suo pseudonimo a 12 anni, per i graffiti sui muri della sua città. Dal liceo artistico di Brindisi a tante esperienze successive (scenografo, fumettista, grafico pubblicitario, designer, ecc.) sino ad approdare alla pittura vera e propria. Dal 2005 il suo percorso si è allargato anche all’estero fino agli Usa, Brasile, Argentina, Nuova Zelanda, solo per fare qualche esempio. E poi tante mostre importanti comprese la 54esima e 55esima Biennale di Venezia. Mr. Wany, fai graffiti da 25 anni. Cosa è cambiato in questo lungo periodo? «Sono cambiate tantissime cose. La cultura hip hop da sempre si lascia contaminare da ciò che la circonda. La musica rap sembra essere molto contaminata dall’elettronica, c’è stato un periodo in cui la break dance prendeva spunto dalla capoeira. Anche nel writing ci sono diverse influenze. Sicuramente la cosa che è cambiata di più sono proprio io. A prescindere da cosa cambia all’interno di questo movimento del quale noi stessi con le nostre gesta scriviamo la storia, facendo mutare i canoni estetici dei graffiti. Quando ho iniziato avevo 12 anni». Che cosa rappresenta Brindisi per la scena hip hop in Italia? «Brindisi ha avuto fin dai primi anni Ottanta, in netto anticipo in Italia, dei b-boys tostissimi fra i quali Tony Pepe e Cioccolata. All’epoca erano ballerini di break dance davvero all’avanguardia. Di fatto all’inizio tutti facevano tutto. I b-boys abbracciavano sempre tutte le quattro discipline dell’hip hop: break dance, graffiti, rap e giradischi. Adesso ormai ognuno si specializza nel suo mondo e spesso le quattro discipline neanche si sfiorano fra di loro. La Zulu Nation che per prima ha dettato questi canoni quasi fosse una religione, può essere una buona traccia per i giovanissimi in cerca di informazioni». E a te invece che cosa ha dato la città di Brindisi? «Brindisi mi ha fornito input positivi e negativi. Di positivo c’era sicuramente già una scena hip hop viva. Di negativo c’era la noia del non avere nulla da fare. Ho iniziato anche per avere un’alternativa creativa a quelli che erano gli intrattenimenti che offriva la città all’epoca. Per fortuna allora c’era il Centro sociale contro l’emarginazione giovanile in via Santa Chiara, vera fucina di talenti e palestra per provare a fare un po’ di cose e mettersi in gioco». Cosa farai domani alle Manifatture Knos? «Realizzerò un lavoro insieme alla mia crew storica Puf. Questo gruppo è stato fondato nel lontano 1996 ed ora può contare al suo interno sul talento di tre giovani writers. Insieme a tutti i membri che negli anni ne hanno fatto parte abbiamo scandagliato tutte le possibili forme di writing dal vandalismo fino all’arte».

Articolo di Ennio CIOTTA pubblicato il 19 dicembre 2014 su Il Nuovo Quitidiano

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One Response to «A Brindisi negli anni ’80 c’era già una cultura hip hop»

  1. poltrona sacco Rispondi

    18 maggio 2015 at 14:05

    Grazie per l’aiuto. Luca Trentino

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