Cosa ci insegna quello sfregio

BOLOGNA – Dove sono finiti i comitati antidegrado? Gli imbiancatori e i ripulitori degli antichi intonaci? I tutori della salvaguardia del patrimonio artistico locale? Gi ispettori delle soprintendenze e gli amanti delle belle arti? Perché tacere ora che è giunto il momento di alzare la voce non per promuovere le consuete campagne anti- graffiti, ma per difendere la bellezza che proprio l’arte di strada ci ha consegnato. Perché gli stupidi, i balordi, i maleducati, le teste vuote e i vandali non sono da annoverare solo fra le fila di coloro che imbrattano con scritte e disegni puerili i muri del nostro centro storico, i suoi palazzi e monumenti.La medesima ignoranza contraddistingue i tanti che deturpano le opere dei protagonisti dell’arte figurativa italiana del XXI secolo che proprio del cielo e dei muri si nutre. Come è accaduto al funambolico e notissimo murales realizzato da Blu su una parete esterna del centro sociale XM 24, ferito a colpi di vernice da qualche mano inclemente. Come può Bologna tollerare questo senza discuterne pubblicamente? Dovremo forse attendere che la stessa sorte tocchi anche al bellissimo graffito firmato sempre da Blu su un lato della Scuola di Pace di via Lombardia, o a quello che l’artista ha consegnato – insieme ad Ericailcane – all’intonaco del centro sociale di via Zanardi, se non agli infiniti animali tracciati fra gli alberi e il cemento del giardino del Guasto? Pochi esempi, fra i più celebri, di un elenco assai robusto che giorno dopo giorno si sta riducendo ai minimi termini a causa del piccone demolitore, o della censura di qualche «pennellista», come nel Settecento il conte Algarotti chiamava coloro che in città coprivano di bianco gli affreschi dei migliori artisti dei secoli precedenti. E che l’intellettuale o il critico di turno non dica che tanto i graffiti sono un’espressione artistica per sua stessa natura effimera. Poco importa che lo stesso Blu abbia deciso di verniciare di nero i suoi bellissimi Brothers e Chain di Cuvrystraße a Berlino per evitare la speculazione edilizia dell’area. Poco importa se qualcuno ancora non abbia compreso la differenza fra Arte e vandalismo grafico. Se non facciamo qualcosa al più presto, dei graffiti e dei murales di Blu ci rimarranno solo le fotografie. E li rimpiangeremo, come rimpiangiamo le opere che i grandi maestri della Felsina pittrice ebbero a lasciare sulle facciate dei palazzi e delle chiese di Bologna e che ora non ci sono più. Ha scritto Cesare Brandi, maestro per la sua Teoria del restauro: «Qualsiasi comportamento verso l’opera d’arte, ivi compreso l’intervento di restauro, dipende dall’avvenuto riconoscimento o no dell’opera d’arte come opera d’arte». E tutti quanti noi non possiamo far altro che riconoscere come tale la pittura murale di Blu, che per questo deve essere oggetto del restauro, salvaguardata alle generazioni future, perché anche loro hanno il diritto di goderne quanto noi.

Articolo di Luca Ciancabilla*pubblicato il 19 dicembre 2014 su Corriere della Sera

*Professore a contratto in Storia, teoria e tecnica del restauro Università degli Studi di Bologna ©

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