Da Milano a Bari la carica dei cittadini anti-degrado

Piuttosto che lamentarsi o aspettare l’intervento della nettezza urbana, che spesso non arriva mai, sempre più gruppi di persone si attivano, scendono in strada e ci pensano da soli. A spese proprie

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Vernice, raschietto e scopa contro incuria e vandalismo: anche in Italia il decoro urbano fai da te si sta espandendo a macchia d’olio. Si basa su un principio semplice: piuttosto che lamentarsi o aspettare l’intervento della società di nettezza urbana – che spesso non arriva mai – i cittadini si attivano, scendono in strada e ci pensano da soli. Si danno appuntamento su Facebook per cancellare scritte, staccare adesivi e cartelloni abusivi, togliere cartacce e sacchetti di rifiuti dalla strada, inventare nuovi spazi verdi. In una parola: riqualificare.

È una realtà molto variegata ma il brand più famoso in Italia si chiama Retake, un movimento fondato a Roma nel 2009 da una professoressa americana di diritto comparato a Roma Tre. Quando è scesa sotto casa con suo figlio per ripulire quattro colonne di travertino dai “tag” dei graffitari, Rebecca Spitzmiller non pensava di dar vita a una realtà che oggi si può definire nazionale, con “spin-off” nelle vicine Bracciano, Tivoli, Guidonia e Monterotondo ma anche a Torino, Venezia, Varese, Bari, Firenze e Mila

no. In molte di queste città Retake è cresciuta in un terreno già fertile, grazie al lavoro di gruppi o associazioni pre-esistenti – come gli Angeli del bello di Firenze o l’associazione milanese Antigraffiti – in altre è stata il vero motore del cambiamento.

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E forse non è un caso che proprio un’italo-americana abbia fondato – a Roma – un movimento di questo tipo. “Negli Usa, quando qualcuno imbratta i muri di una casa, generalmente le scritte vengono cancellate dopo poche ore. Magari non succede sempre – spiega Rebecca Spitzmiller – ma di certo c’è una cultura del fai-da-te che aiuta. Nessuno pensa a lamentarsi con il sindaco o a chiamare la società di nettezza urbana. È casa nostra? Allora tocca a noi”. L’idea di Rebecca è piaciuta ai romani: nel momento in cui scriviamo sono 67 i gruppi di quartiere nati in ogni quadrante della Capitale, da Trastevere al Nomentano, da Cinecittà a Casalotti.

Alla base di Retake c’è la spontaneità. Ma questo non ha impedito al movimento di allacciare rapporti con il Comune e con la municipalizzata, che a Roma è l’Ama. Funziona così: ogni settimana i volontari si da

nno appuntamento con una squadra dell’Ama per un “retake” su larga scala, per il quale serve il supporto di idropulitrici, solventi chimici e altri prodotti. Queste sono le uniche occasioni in cui i volontari di Retake non sborsano un euro per acquistare gli attrezzi del mestiere. Normalmente chi organizza l’evento partecipa anche a una colletta per pagare vernici, raschietti e solventi. Qualche ferramenta si lascia contagiare dall’entusiasmo dei retakers e regala loro un po’ di vernice o le tute da lavoro. “Succede spesso ed è una cosa che ci rincuora – racconta Antonietta Parente, una volontaria di Retake Roma – è il segno che non tutto è marcio in questa città”.

Una collaborazione che sembra naturale, invece non è affatto scontata. I volontari di Retake Milano, ad esempio, per farsi ascoltare dal Comune fanno ogni volta i salti mortali. “Al Comune non abbiamo mai chiesto un centesimo, abbiamo solo bisogno di autorizzazioni. Ma ogni volta, per avere un semplice ok ci mettiamo settimane” spiega Andrea Amato, presidente dell’associazione Antigraffiti di Milano, che ora ha adottato il brand Retake Milano. Antigraffiti è nata nel 2006 e oltre ad organizzare “cleaning day” in giro per la città coordina ricerche e studi sociologici sul tema del decoro urbano. Da anni Antigraffiti è un punto di riferimento per tutto il centro-nord. “Ma la mentalità di Retake è anche la nostra: trovare persone che abbiano voglia di fare qualcosa per la città in cui vivono. Smetterla di lamentarsi, cominciare a muoversi”.

“Nello scorso ottobre, durante un incontro con Rebecca, abbiamo scelto di usare anche noi il nome Retake per dare più forza al messaggio che vogliamo mandare”, continua Amato. “Il prefisso ‘anti’ infatti ci creava qualche difficoltà, era più difficile far capire che non ci limitiamo a togliere, ma al contrario vogliamo aggiungere qualcosa alla nostra città. Ridando vita a zone che credevamo di aver consegnato per sempre al degrado”.

Tra i “cleaning day” più importanti di Antigraffiti c’è quello del giugno 2014: la riqualificazione dei Giardini della Guastalla (i giardini pubblici più antichi della città) e in particolare di un tempietto neoclassico del Cagnola – l’architetto milanese vissuto tra il Settecento e l’Ottocento – completamente deturpato dai graffiti. Tutto finanziato da sponsor e messo in pratica da volontari, senza chiedere un soldo a Palazzo Marino. “Anche in quel caso abbiamo faticato da morire per avere l’autorizzazione, con gli assessorati che continuavano a rimbalzarsi la responsabilità” precisa Amato.

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Anche Retake Bari, nato a novembre, ha attecchito facilmente grazie a una comitiva di studenti universitari, che negli scorsi anni si erano già dati da fare per cancellare graffiti e manifesti abusivi dal capoluogo pugliese. I volontari pugliesi hanno già all’attivo una cinquantina di blitz. “Pulire è solo il primo passo” spiega Silvio Giannini, uno dei fondatori, “vogliamo creare un canale diretto con il Comune e la società di nettezza urbana Amiu e parlare di temi ampi come riqualificazione urbana e ambientale”. Se i volontari romani sono scesi prima in strada e solo in un secondo momento hanno cercato un dialogo con il Comune, quelli di Bari stanno cercando da subito di raggiungere le istituzioni. Anche le scuole, attraverso lezioni di educazione civica ed eventi che coinvolgano bambini e ragazzi. Come succede a Roma da diverso tempo, dove Retake ha già collaborato con dodici scuole e diversi Atenei, tra i quali la Sapienza e l’American University of Rome.

“Che pulite a fare? Tanto poi qualcuno tornerà a sporcare”: che sia Roma, Milano o Bari questo è il classico commento del cittadino medio che i volontari di Retake devono sorbirsi. In parte è vero: per i vandali non c’è niente di più attraente di un muro pulito. “In alcuni casi siamo tornati tre, quattro volte a ripulire un muro che veniva sporcato nottetempo – racconta Antonietta – ma dopo un po’ di botta e risposta in genere la spuntiamo noi. In fondo, anche i writer pagano per comprare le bombolette. E forse alla fine capiscono che sono soldi buttati”.

Articolo di Federico Formica apparso il 30 dicembre 2014 su L’Epresso.

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