Quelli che dicono «no» ai graffiti

I «clean up day» dei cittadini per pulire le facciate simbolo del degrado Le associazioni di volontari: «I veri artisti non imbrattano treni e palazzi»

Il pennello che copre una scritta come simbolo di un progetto condiviso tra i cittadini e stimolo per una nuova cultura del fare che nasce dalla base. Questa l’idea su cui si fonda l’Associazione nazionale Antigraffiti che dal 2008 ha realizzato a Milano 32 interventi di pulitura, in zone diverse della città: da viale Abruzzi (la prima ad essere «liberata » dagli imbrattamenti) a largo Paolo Grassi, fino al Museo Diocesano di Porta Ticinese. «Andiamo dove il cittadino ci chiama – dice Fabiola Minoletti, segretario nazionale dell’Associazione -. È un volontariato fatto col cuore e spesso la gente si commuove quando ci vede all’opera. A noi basta solo l’autorizzazione dell’immobile: bypassando così l’inevitabile iter burocratico, si attivano spontaneamente i Cittadini Angeli ( del quartiere) o mandiamo noi dei volontari con l’occorrente per ripulire». Oggi a Milano i writer sono circa 1.350 (e l’età si sta abbassando fino ai 12 anni), mentre le crew (cioè i gruppi organizzati) hanno raggiunto quota 340. A chi replica che si tratta di arte, l’Associazione (operativa in 16 città italiane) fa presente la netta distinzione tra street art, manifestazioni artistiche compiute in spazi pubblici, e graffitismo vandalico. «A differenza del graffiti writing – sottolinea Minoletti – l’artista non vuole imporre il suo nome (la tag ), ma intende realizzare un’opera d’arte che s’inserisca nello spazio che la circonda, per valorizzarlo senza rovinarlo. Gli street artist evitano in modo categorico i monumenti storici, i portoni dei palazzi, i muri delle case e agiscono con le autorizzazioni necessarie». Al di là dei costi economici (Atm Milano, ogni anno, spende sei milioni di euro per ripulire i treni della metropolitana, mentre Assoedilizia riferisce che nella metropoli, su oltre 55mila edifici, ben 30mila sono imbrattati con danni per 100 milioni di euro), secondo i sociologi il graffitismo provoca un aumento della percezione d’insicurezza. Troppo spesso, infatti, dimentichiamo che il problema dell’immagine urbana coincide con quello del rispetto civico, se vengono persi interesse e rispetto per gli spazi condivisi ch rappresentano l’immagine dell’identità collettiva. Risultato: il cittadino si allontana sempre più dalla sua via, dal suo quartiere e dall’intera città, non più percepiti come espansione del proprio spazio, ma come estranei. «Proprio perché il degrado urbano non sfoci in degrado umano e si riacquisti il valore di cittadinanza attiva – spiega ancora Minoletti – ci muoviamo con tre progetti concreti: sensibilizzazione sul problema, con giornate di pulitura (i clean-up day e “adozioni” delle vie; elaborazione dei dati relativi al fenomeno del writing vandalico; ed educazione nelle scuole, abbinata a mini- cleaning degli studenti del proprio istituto scolastico». L’Associazione nazionale antigraffiti non si limita a ripulire: dopo questo primo step, prosegue con un monitoraggio costante dell’area in cui sono intervenuti i volontari, per poi essere pronta a ricevere segnalazione di eventuali nuovi imbrattamenti. «Il nostro obiettivo è fare rete e collaborare in modo propositivo e sinergico». Cittadini e istituzioni assieme. Le «tag» Le firme dei writer sui muri. A destra, il «clean up» dei volontari a Quarto Oggiaro e le pulizie dei treni Trenord (Fotogramma) I numeri A Milano si stimano circa 1.350 writer, dai 12 anni in su, per 340 crew Secondo le associazioni antigraffiti, imbrattati 30 mila palazzi in città (il 55%) Intorno ai 6 milioni l’anno la spesa per ripulire i treni del metrò (danni stimati per 100 milioni) Nel 2008 il primo dei 32 interventi dei volontari per pulire i muri di Milano.

Articolo di Minnie Luongo pubblicato sul Corriere della Sera il 13 dicembre 2014

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