La lavagna del Colosseo
TORINO – Vorrei mio nonno. Sì. «Before I die», prima di morire, io vorrei mio nonno. Oppure «imparare a essere felice» O ancora «avere un bambino», «attraversare via Madama Cristina senza essere investita», «andare a New York», «cambiare le lampadine di casa», «start all over again».
Ci sono desideri piccoli, grandi, missioni impossibili, e moniti surreali lanciati a se stessi sull’enorme lavagna nera dotata di gessetti colorati (attenzione, che nessuno ruba) di San Salvario. È lunga sei vetrine, e copre le uscite di sicurezza del Teatro Colosseo: è il black dream wall offerto ai passanti. L’idea di trasformare il lato B del teatro in un muro dell’ultimo desiderio è venuto al proprietario del Colosseo, Andrea Spoto, che prima di essere un imprenditore dello spettacolo è un appassionato d’arte.
Intendiamoci, l’idea del «Before I die» non è sua, è un’opera d’arte che accomuna le città di mezzo mondo, ha una sua versione tematica sui social, e ha già qualche annetto. Ma ad aprirne una succursale a Torino nessuno ci aveva pensato. E, tanto per cambiare, il quartiere apripista di questo «speaker’s corner» via gessetto è stato San Salvario, dove la pluralità di voci, di radici e di desideri è di casa. «Può sembrare un caso – spiega Spoto – ma questa scelta artistica nasce da un’esigenza di decoro. Abbiamo passato anni a ridipingere le nostre porte imbrattate da writers di passaggio con scritte e disegni brutti e inutili. E allora mi son detto: perchè non verniciare con la tinta lavagna queste uscite di sicurezza e offrire alla gente gessetti colorati per scrivere desideri e dediche profonde?». Il risultato? «Le sembrerà strano, ma da quel giorno nessuno più si sogna di cancellare quanto scritto dalla gente comune, con questi gessetti». E aggiunge: «L’opera d’arte, perchè questa bolla di intime confessioni offerte alla lettura di tutti per me è un’opera d’arte,viene rispettata da tutti. Ogni tanto siamo noi a passare il cancellino, sulle scritte più vecchie, ma solo per lasciare altro spazio alla libertà di espressione».
Passeresti ore a leggere questi pensieri scritti da tanti Hemingway di passaggio. La loro scrittura rivela le età più diverse. C’è la ragazza che sceglie il gessetto lilla e correda di fiorellini la scritta «Vorrei te, il tuo cane e il tuo libro preferito, a casa mia per sempre». C’è il bimbo che scrive, (forse su dettatura del papà): «Che il Toro vinca la Champions». Pensieri da curva Sud, ma anche mono-dosi di filosofia: «Vorrei che l’uomo capisse di più il mondo e non solo per non deludere Dio».
Articolo di Emanuela Minucci pubblicato su La Stampa il 23 febbraio 2015
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