Va all’ Expo l’artista che vuol cancellare tutti i graffiti

Street art La campagna di “Savethewall”

«Usate la testa, non i muri», dice Pierpaolo Perretta che appende in giro le sue opere con l’adesivo. «Chi vuole le porta a casa, le altre vengono disperse da pioggia e vento»

A Como, per un po’ di mesi, di lui si conosceva solo il soprannome: “Savethewall” (Salvailmuro). Era la frma messa sotto a quadri che appendeva per strada, nottetempo. Usciva verso le tre, con naso e baff fnti, e badava a non essere riconosciuto. L’ “opera prima” era un uccellino che “twittava” una nota musicale. Ne seguirono molte altre, stencil su cartone 30×40 cm, sempre affssi con il favore delle tenebre. L’idea di Savethewall era quella che mentre i graffti degli artisti di strada, belli o brutti che siano, restano fno a quando si rivernicia il muro, i suoi lavori sarebbero fniti nelle mani di qualcuno che se li portava a casa, oppure sarebbero stati dispersi da pioggia e vento. Una selezione naturale che non frustrava la creatività personale, ma nemmeno gli spazi pubblici. Uno dei soggetti, intitolato “Caro imbrattatore”, ritraeva una bomboletta spray dalla quale usciva quella cosa che rese famoso Piero Manzoni (non a caso uno degli ispiratori dell’artista “salvamuri”), e una scritta che diceva: «Se fosse arte la compreremmo e invece dovremo pagare per cancellarla». Un giorno, dopo un bel po’ di mesi, un artigiano al quale molte persone portavano questi disegni volanti, chiedendo di incorniciarli, domandò a una ragazza se lei non avesse un’idea sull’identità di “questo Savethewall”. Lei era un’amica del “salvamuri”, che così venne a sapere che molti dei suoi lavori erano stati apprezzati davvero, tanto da richiedere una cornice. Andò dall’artigiano, «buongiorno, sono Savethewall». Fine del prologo, inizio della storia. Pierpaolo Peretta ha cominciato a disegnare da piccolo. Poi ha fatto anche molto altro: l’agente immobiliare, il dirigente di un’associazione di categoria, il creativo nella pubblicità, il manager. Ma non ha mai smesso di disegnare, in tutti i modi. Viene da una famiglia antica e “vivace”: patrioti, pittori, flosof, imprenditori. Il bisnonno, il giudice antifascista Pier Amato Perretta, fglio di un garibaldino e poi ucciso dagli squadristi nel 1944, è stato capace di riassumere le poliedriche qualità del suo ramo famigliare, tanto che a lui Como ha intitolata una piazza. Il disegno per Pierpaolo, fn dall’infanzia, è stato un’attrazione e anche uno sfogo. «Una volta che mio padre mi fece arrabbiare lo ritrassi in una caricatura a torso nudo e con un grande pannolone, affacciato a un girello, mentre arringava la folla». Ma la famiglia Perretta non ha trovato motivi di censurare la sua arte, anzi. «Abitavamo in una grande casa sulla collina di Cardina, a due passi da Como. Su tutti i muri, sia all’interno che all’esterno, ho dipinto qualcosa». È stato street artist a casa sua. Murales veri e propri fatti con l’aerografo, con tanto di Uomo Ragno in grandezza naturale che scala una parete, oppure la tomba di Nefertari dipinta in corridoio. Tutto sulle pareti domestiche. E ancora, colpo fnale comunque realizzato col consenso materno: una parete “lavorata” col trapano elettrico, per inflare nei buchi delle vere frecce d’arco. Ora che è cresciuto, le sue idee sulla creatività che inonda gli spazi pubblici sono chiare e si sono condensate in un invito facilmente comprensibile: «Usa la testa, non il muro». Bombolette e adrenalina. La sua critica non è alla street art in sé, anzi. Il fatto che qualcuno l’abbia defnito “nuovo Banksy” lo riempie d’orgoglio. Sono le modalità che secondo Perretta non funzionano più. «Se qualcuno autorizza uno spazio sul quale fare un murales, si possono fare grandi lavori, ma uscire con la bomboletta di notte per dare sfogo alle scritte credo sia solo una ricerca di adrenalina che lascia il tempo che trova». Ma non il muro; questo è il male contro cui agita le sue opere e con le quali ha dato vita a una campagna che, partita da Como, è arrivata lontano. Fino all’Expo di prossima apertura per il quale realizzerà un trittico di opere che avranno al centro La Pietà di Michelangelo. Probabilmente il “grafftaro gentiluomo” ha convinto il suo “committente” con il suo aforisma, “seduto ho avuto tante idee, ma è alzando il culo che le ho realizzate”, in puro stile renziano. Arte e vita per Perretta hanno fnito per coincidere fno al, forse un po’ eccessivo, “io sono l’opera d’arte”. I suoi numi tutelari sono Duchamp e Manzoni e gli piacerebbe essere l’erede di Cattelan, “ovviamente vivente”. Gli altri mestieri sono ormai storia passata. Un recente progetto artistico al quale ha messo mano è “Lifeshot”: ritratti di personaggi in una sequenza di 16 fotografe selezionate, montata su video con un ritmo ai confni della frenesia, e magari anche oltre: scatti di vita. E poi ancora, il “dollart”, banconota ritoccata con Jeff Koons nell’ovale al posto di George Washington, per far rifettere sul mercato dell’arte e sul suo incerto e “consumistico” futuro. Tutti questi lavori tenuti insieme da una questione, ancora irrisolta, che ha posto a suo tempo Picasso, e sulla quale si interroga anche Savethewall: «Ogni bambino è un artista, il problema è come rimanere artisti una volta che si cresce». Creatività sul lago A destra, Pierpaolo Perretta. A Como il suo spazio si chiama “CriminArt”. La maggior parte delle sue opere sono realizzate con la tecnica dello stencil.

Foto: In mostra a Milano In alto a sinistra, La Pietà di Michelangelo rivista da Perretta. Quest’opera, insieme ad altre due ispirate allo stesso concetto, sarà presente all’Expo. In alto a destra, il primo lavoro che è stato appeso con l’adesivo sui muri di Como. A sinistra e qui sopra, altre opere dell’artista: al centro, le maschere che ha usato per le affssioni notturne. Uno dei primi disegni pubblici era dedicato al “caro imbrattatore”. «Se fosse vera arte la compreremmo e invece dovremo pagare per cancellarla»

Articolo di Stefano Rodi pubblicato su Sette del Corriere della Sera il 3 aprile 2015

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One Response to Va all’ Expo l’artista che vuol cancellare tutti i graffiti

  1. Enza P.C. Rispondi

    11 aprile 2015 at 04:16

    Leggo: “seduto ho avuto tante idee, ma è alzando il culo che le ho realizzate”, in puro stile renziano.
    Arte e vita per Perretta hanno finito per coincidere fino al, forse un po’ eccessivo, “io sono l’opera d’arte”.
    E in chiusura dell’articolo: “Uno dei primi disegni pubblici era dedicato al “caro imbrattatore”. «Se fosse vera arte la compreremmo e invece dovremo pagare per cancellarla»”

    Ottimo e NOI “PER ORA” VOGLIAMO CREDERLE, CARO PERRETTA.
    Sperando ardentemente che l’idea di base non sia solo una delle troppe furbate comunicative di chi fra i vari street artist usa imbiancarsi, come i sepolcri di antica memoria, e da solo si loda, mentre insiste a vandalizzare. Milano ne è piena e i milanesi ne hanno piene le scatole.

    Se le sue intenzioni sono tanto serie – immagino/spero – vorrà “forse” collaborare attivamente (non solo con proclami) con chi a Como si danna da anni per ripulire le molte lordure.
    Perché neppure le opera d’arte più significative di Picasso piazzate fra muri imbrattati avrebbero la forza comunicativa che il mondo riconosce a quell’ artista.
    Dunque benvenuto fra gli attivisti del bello, del pulito e del rispetto dei luoghi, ovunque siano.

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