Insulti su Facebook al writer morto. E la madre denuncia gli autori

Varese

« Mio figlio è morto schiacciato da un treno – sospira Stefania, con la voce spezzata -, eppure c’è chi ha festeggiato la tragedia su Facebook. È giusto fare finta di niente?». Dilaniato da un convoglio merci, alla stazione di Arona. Così è morto Edo (Edoardo Baccin), il giovane writer di Somma Lombardo, 19 anni, che la notte del 6 agosto non si accorse del passaggio di un treno tra i binari della stazione piemontese dove era entrato di nascosto con gli amici.

Per dipingere, o forse imbrattare: dipende dai punti di vista. Per dare sfogo alla propria arte, anche se clandestinamente e in maniera illegale. Storia controversa, quella dei writer. Artisti o delinquenti? La tragedia avvenuta quella notte aggiunge altra carne al fuoco. Nessuno potrà restituirle il figlio, ma Stefania Pasqualon, 45 anni, ha deciso di non stare più zitta. Vuole lanciare un segnale, far discutere, e in special modo si rivolge agli utenti di internet.

Ieri ha presentato alla questura di Varese una denuncia contro un iscritto a Facebook, un ragazzo che commentò con crudeltà la notizia della scomparsa del figlio. Frasi violente, scritte dal giovane su un profilo personale ma anche aggiunte di proposito in una pagina pubblica di discussione. Parole come queste: «Sììì. Godooo….un bastardo bimbominkia in meno!». E altre. Perchè tanta violenza? Non bisogna nascondere la verità. Le «crew» della bomboletta spray clandestina sono tante e sui treni hanno già causato danni per migliaia di euro. Denaro pubblico, di tutti i cittadini. E forse anche per questo motivo che quella mattina, quando i siti di notizie lanciarono la storia, alcuni utenti di Facebook non esitarono a esprimere soddisfazione per la morte di Edoardo.

Mamma Stefania ha però deciso di ribellarsi al fatto che qualcuno possa festeggiare la morte di un 19enne, qualunque sia l’azione che abbia commesso. «Mio figlio era solo un ragazzo che dipingeva – osserva la signora Pasqualon – neanche a un animale vengono rivolte offese così gravi. Ho parlato con la polizia -continua – e ho deciso di querelare l’autore del commento più grave, perchè vorrei lanciare un segnale e far riflettere tutti sulla crudeltà che spesso si nasconde dietro alle tastiere di internet. Non si possono giudicare le persone e offendere i morti senza pietà».

La polizia, finora, si è mossa ipotizzando il reato di manifestazioni oltraggiose verso i defunti. La digos di Varese aveva già avviato una propria indagine quando, ad agosto, uno degli amministratori della pagina Facebook in cui comparve il commento incriminato, segnalò in questura l’autore delle offese. Ma in generale i commenti comparsi in rete contro il writer, quel giorno, non furono certo pochi. «Sapeva a che cosa poteva andare incontro…non mi strappo i capelli», scrisse un altro utente. Al quale seguirono ne seguirono altri ancora. «Capisco, ma in un caso si è andati davvero troppo oltre – ribatte Stefania -, non so se voglio incontrare questa persona, ma di sicuro gli lancio un appello. Chieda scusa e faccia una riflessione sul valore della vita umana. E io ritirerò la denuncia».

Secondo la madre di Edoardo Baccin è il pregiudizio il male oscuro che ha guidato i pensieri di chi, usando i social network, ha inveito contro il figlio: «Se non conosci questi ragazzi, li giudichi male, io stessa non volevo che Edo frequentasse i writer. Lui mi raccontava tutto, mi diceva che andava a pitturare. Io mi opponevo, non ero d’accordo. Oggi però li ho conosciuti e ho cambiato idea. Edo ha seguito un ideale e anche se alcune azioni sono illegali – fa notare la donna – non si tratta di delinquenti ma di artisti. Non uccidono, non spacciano. Scrivere sui treni, per loro, significa far viaggiare la propria arte per il mondo. So che può essere discutibile, ma è così. Inoltre non pitturano sempre in maniera illegale, ma spesso hanno partecipato a manifestazioni artistiche alla luce del sole, come quando mio figlio e i suoi amici si diedero da fare per abbellire i sottopassaggi comunali, grazie a uno spazio concesso dal comune di Somma Lombardo». Resta da sottolineare una cosa: comunque la si pensi, i writer si stanno dimostrando una comunità. Hanno organizzato una giornata di ricordo per Edo. Qualcuno lo ha ritratto su un muro in provincia di Milano come un angelo con la bomboletta spray. «I suoi amici da quel terribile giorno mi stanno continuamente vicino -rivela la donna -, mi vengono a trovare a casa, mi impediscono di restare troppo da sola. Non giudicateli. I treni si possono pulire, alla morte invece non c’è rimedio».

Articolo del Corriere della Sera di Roberto Rotondo del 24 Settembre 2015

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3 Responses to Insulti su Facebook al writer morto. E la madre denuncia gli autori

  1. Walter Rispondi

    24 settembre 2015 at 18:48

    Ogni anno,da vari anni ,assistiamo alle geremiadi delle aziende di trasporto municipali o statali che si lamentano delle decine di milioni di euro che spendono per ripulire le carrozze dai graffiti.Inutile scrivere ogni volta che questi soldi per rimediare ai danni potrebbero essere utilizzati per migliorare il servizio.
    Questo danno non è sentito per niente.Non è sentito dal cittadino comune che crede che non è fatto suo.Se la sbrighino le Ferrovie,a noi che importa?Bisognerebbe una buona volta che lo Stato informasse bene la gente in modo esaustivo di questo danno che coinvolge la comunità tutta da anni e anni.Non per centinaia di euro di danni,bensì per milioni e milioni.
    Eviteremmo che persone come la povera madre del ragazzo morto creda che l’attività di questi graffitari sia una attività innocua.Non uccidono,non spacciano,ma provocano danni per milioni di euro.E questo bisogna che la gente se lo stampi in mente,prima di considerare povere vittime questi soggetti che comunque violano articoli del codice penale.Comunque la si pensi ,i writer si stanno dimostrando una comunità?Certo.Ma anche note,storiche associazioni delinquenziali esistono con modalità di comportamento come quelle dei writers.

  2. Arianna Ballestri Rispondi

    25 settembre 2015 at 08:18

    il rispetto per il dolore di una famiglia che perde un parente è dovuto assolutamente.
    Sicuramente Edoardo non era solo un writer era molto altro e bello, questo dovrebbe rivendicare al più presto la mamma di questo ragazzo, al quale il destino ha impedito di riflettere per il tempo che forse gli avrebbe consentito di “capire che il rispetto è dovuto a tutti, anche alla società”.

    Ma subito c’è stato chi si è “appropriato di questa ennesima vittima anche della società sconclusionata in cui viviamo” solo per esaltarne le caratteristiche trasgressive, perfette per portare acqua al mulino dei vandali: sempre in cerca di RAGIONI che non hanno.

    E terribile, comunque, ciò che consente a chiunque di utilizzare la pancia nel modo più immediato e inutile per diffondere pensieri negativi e intrisi di rancore.
    Il signore che ora dovrà rispondere della sua azione, non condivisibile, sfruttando facebook avrà modo ora di riflettere.
    Non è una guerra tra chi sporca e chi pulisce la scelta di chi volontario tenta di rendere consapevoli
    gli italiani che “insieme si può migliorare sia l’aspetto del paese, sia la conoscenza della differenza fra legalità e illegalità”
    Edoardo potrebbe essere il simbolo futuro della inutile perdita della vita, proprio a causa della confusione che regna fra azioni vandaliche e valore sociale del rispetto.

  3. Enza P.C. Rispondi

    26 settembre 2015 at 11:07

    Ho l’onore di far parte delle persone che si sono iscritte all’Associazione Nazionale Antigraffiti qualche anno fa, con regolare iscrizione.
    Il che significa che aderendo all’associazione si ha l’obbligo di adeguarsi ad alcune imprescindibile regole.
    Una delle prime cose che ho imparato “ascoltando il presidente” è che chiunque indossa la pettorina dell’associazione, anche solo per un giorno, non ha facoltà di iniziare personalissime battaglie, prive di logica e cariche di veemenza e negatività (pena l’esclusione dal gruppo).
    Non esistono militanti e neppure attivisti, esistono solo volontari. Persone che hanno a cuore, nel rispetto delle regole della buona educazione e nel rispetto della legge e si adeguano alle indicazioni di comportamento date da chi ha esperienza e autorevolezza.
    La filosofia di chi pulisce graffiti vandalici è solo quella di “mostrare che la società intera può migliorare se c’è la voglia di creare bellezza e decoro”, per fare questo, chi ci crede, affronta grandi sacrifici senza timore di essere un banale pulitore e basta, bensì un “promotore sociale della possibile salvaguardia del patrimonio del Paese Italia”.
    Chi sceglie di vandalizzare, ovviamente, apprezza poco l’operato di associazione antigraffiti, perché ha nell’animo la gran voglia di rovinare quello che gli capita, manifesta una forma di autodistruzione latente, accanendosi contro ciò che lo circonda.
    Atteggiamento che andrebbe analizzato con responsabilità maggiore da chi si occupa di problematiche sociali. Invece, non avendone forse le capacità e forse neppure la voglia, i nostri governanti, fino a oggi, sembra preferiscano mantenere alta la tensione e la confusione fra street art, vandalismo.
    Un travaso continuo di sciocchezze tra una definizione e l’altra sta minando (con evidenti pesanti responsabilità) il futuro del patrimonio del Paese.
    Non sta ai cittadini volontari iniziare guerriglie e mettersi a far barriera contro questo fenomeno.
    Tocca ad altri.
    Molta confusione però può indurre in grave errore chi, sentendosi privato del sostegno nella difesa di ciò che meriterebbe rispetto, da normale cittadino diventa rabbioso incontenibile giustiziere verbale.
    Non è ciò che Associazione Antigraffiti tollera.
    Ogni forma di estremismo genera nemici. Noi non vogliamo nemici, non consideriamo i writer vandali dei nemici. Per noi sono solo persone che non capiscono ciò che fanno alla società e a se stessi. Lavoriamo, con atteggiamento zen, perché arrivino tutti alla comprensione.
    E questo vale anche per chi convinto della sua ragione si inalbera e si attribuisce militanze e attivismi che sia chiaro “non esistono proprio”.

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