La saggezza dei muri in transito: da Cosenza verso il resto d’ Italia

Cosenza

“Mamma non stare in pena se non rientro per cena, in prigione mi hanno messo perché sui muri ho scritto col gesso…”. Con Gianni Rodari è più lieve, ma la premessa è necessaria: scrivere sui muri è illegale. Eppure ognuno di noi ha incrociato muri che parlano. Poche parole in un concentrato di genio, saggezza popolare e volgarità che hanno come sfondo qualsiasi città e un unico filo rosso: comunicare con l’urgenza di lasciare un segno. A volte costringono a una presa di coscienza: “Sei così brutto che tu madre te chiama bello de zia”, o pongono le domande fondamentali della vita: “Dopo la morte c’è l’after?”. Possono avanzare una pretesa: “+ balere –galere”, o fare una diagnosi: “Primo ero schizofrenico, adesso siamo guariti”. Pareti come confessionali a cielo aperto: “Chi è senza peccato fauna vita di merda”, o come fogli per una lettera aperta: “Caro Freud, con mia mamma tutto bene”. Firmato: Edipo. “L’amore ti fotte”c’è scritto sotto una finestra di una vecchia casa a Cosenza. “Ogni tanto bisogna prendere il toro per le corna”, è la didascalia a commento di Jo Lattari e Marco Mottolese che in Muri in Transito (Pellegrini Editore) hanno commentato con ironia, e talvolta con un piglio più severo, 150 fotografie di scritte sui muri della città calabrese. Una raccolta che svela una storia. Un lavoro di ricerca che è partito dal Sud ma che porterà i due autori a fare lo stesso in altre città italiane e magari anche all’estero. “Ad armare la mano sono i moventi di sempre: amore (“Sei mia?”. “No”), politica (“Andate via corrott i”), rivendicazioni sociali (“Eat the rich”, mangia i ricchi. Con lo stencil del simbolo comunista rivisitato ad hoc – falce e forchetta – per una rivoluzione più mangereccia), filosofia di strada resa talvolta più spicciola dal dialetto del posto (“Campa ca vidi, stipa ca truavi”, “vivi e vedrai, conserva e troverai”). “Viene voglia di stanarli questi ignoti graffitari per vedere di nascosto che effetto gli fa. Perché proprio quel muro? E avevi paura che ti beccassero?”, scrive la Lattari nella prefazione. “E, se ‘tutto il mondo è paese’, qui è paese più che mai e l’esercizio creativo – e quasi ‘fuori legge’ – di dare in pasto e affidare il proprio pensiero ad una bomboletta spray che in parte lo rigenera diventa rivolta più che divertimento. Non c’è danno né ignoranza nello scrivere e nell’imbrattare dei muri tutto sommato insensibili”, osserva Marco Mottolese. Nel volume, assolto per insufficienza di regole, il writer che dedica alla sua bella “La geometria non è un reato”. La didascalia di questa foto recita: “In amore i conti non tornano quasi mai”. L’inventore di Blob, Enrico Ghezzi, che ha scritto la nota introduttiva, ha voluto ricordare quella che preferisce nella sua città: “ ‘Ti Amo Costanza (ma) Senza Speranza’: la scritta (incerto nel ricordo se ci fosse il ma o no) restò per anni (…) su un grande ponte all’uscita di Roma verso la Flaminia: più volte tentarono di cancellarla, per anni essa ritornava identica dopo ogni spugnatura. Infine, sparì da sola, credo per consunzione”. Pezzi di vite sconosciute che occhi diversi leggono in modo diverso. Per alcuni le stesse parole risultano comiche, per altri drammatiche. A volte d’amore, altre di pura invettiva. Perché, come faceva notare il buon Mario Ruoppolo ne Il Postino: la poesia non è di chi scrive, è di chi se ne serve.

Articolo de Il Fatto Quotidiano di Caterina Minnucci del 14 Novembre 2015

 

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