Il pirla e l’Italia con lo spazzolone

CRONACA DELL’ANNO

Ogni movimento rivoluzionario ha la propria parola d’ordine,lo slogan che come una chiave ti apre la porta per fare entrare quella lotta nelle stanze della Storia, con la “S” maiuscola. Qualche esempio? «Il potere ai Soviet!»(Lenin,SanPietroburgo1917). «Hasta la victoria, siempre!» (Che Guevara, Cuba 1959). «A-wop boma-loo-bop,a-lomp-bam-boom!»,Little Richard, “Tutti Frutti”, Stati Uniti,1955. «I have a dream!» (Martin Luther King, Washington 1963). «Cioè, dai, è giusto fare bordello, spaccare tutto… Cioè, se non dai fuoco a una banca, min**ia,sei veramente un cog**one. E poi, quando c’è casino e mi ritrovo in mezzo, faccio casino anch’io». (Mattia Sangermano, Milano 2015). Ecco, magari proprio nelle stanze della storia, poco importa se con la “s” maiuscola o minuscola, il povero Mattia non è riuscito ad entrare. Ma in quelle della cronaca, nera, invece sì. Mattia è un “ragazzo col cappuccio”, uno dei tanti black bloc de’ noantri, che ancora inebriato dall’adrenalina della guerriglia, si è confessato al cronista di un Tg subito dopo gli scontri del Primo maggio a Milano. Quel giorno una falange di teppisti ha “scippato” la manifestazione ai comitati No Expo che volevano protestare legittimamente contro le tante contraddizioni dell’Esposizione appena inaugurata. Come spesso accade in questi anni “liquidi”, il corteo pacifico, ma senza un’organizzazione ferrea – e soprattutto senza servizio d’ordine – si è ben presto sfrangiato, lasciando terreno e iniziativa ai gruppi più radicali e violenti, e ai tanti professionisti dello sfascio che a ogni mobilitazione in piazza (non importa se per una partita di Champions, un corteo contro il G8 o per i disoccupati greci) arrivano e spaccano tutto. Quelli che “se c’è casino, faccio casino anch’io”, come ben riassunto dal nostro Mattia, 20enne studente pavese di buona famiglia che è stato così ingenuo da confessarlo a un microfono. Risultato primario: negozi, banche, auto in fiamme, vetrine infrante, gente e turisti in fuga terrorizzati, scontri con la polizia, arresti e feriti. Risultato secondario: l’Italia, sui cui finalmente erano puntati i riflettori di tutto il mondo, viene immortalata ancora una volta come un Paese a rischio, senza regole, in ostaggio dei più violenti. Risultato collaterale: i fondati motivi della protesta No Expo nascosti per sempre nel fumo delle auto e dei cassonetti incendiati, mandati in pezzi assieme alle decine di vetrine e bancomat presi a mattonate. E anche annichiliti dall’italiano approssimativo e gutturale, più vicino ai gorgoglii che emettono le nostre budella se mangiamo cozze avariate che a un vero e proprio sforzo comunicativo, del teppista alla milanese. I giorno seguenti, siccome per l’appunto siamo in Italia, seguiranno la reprimenda del padre disperato («E’ un pirla»), le prevedibili scuse del teppista pentito («Ho espresso un concetto sbagliato, mai più in corteo»). E soprattutto si formerà spontaneamente un esercito di 15mila volontari milanesi che, armati di scope, detersivi e spazzoloni, scenderanno in strada a raccogliere i cocci delle vetrine, a pulire i muri imbrattati dai graffiti, a restituire a Milano e a tutti noi un’immagine di cittadinanza attiva, positiva e consapevole. Il nastro si può riavvolgere: se si arma di spazzolone, l’Italia può battere quella confusa e violenta del pirla black bloc.

ARTICOLO DI MAURIZIO PILOTTI DEL LIBERTà DEL 12 GENNAIO 2016

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