Santa Maria alle Cacce piena di graffiti Testimonianza longobarda deturpata

PAVIA

IL PROPRIO amore raccontato sulle pareti di una testimonianza del passato. «Io sono egoista quando si tratta di te, perché ti voglio tutta per me» ha scritto un innamorato il 25 aprile scorso. E non è stato neanche l’unico. Sono piene di scritte le pareti di Santa Maria alle Cacce, la chiesa sconsacrata di via Scopoli. Graffiti enormi scritti con lo spray rosso o nero che simboleggiano il degrado di uno dei pochi edifici risalenti all’epoca in cui Pavia era capitale dei Longobardi. Secondo la tradizione, infatti, la chiesa di via Scopoli fu fondata da re Rachis nel 747 ed è stata chiamata così perché i sovrani longobardi andavano a caccia da quelle parti che un tempo si trovavano fuori dalle mura della città. Di quel passato oggi restano le finestre verso l’esterno e la colonna in marmo cipollino dell’interno, oltre alla cripta. Prima ancora che arrivassero i graffitari, però, la chiesa andò in rovina e fu in gran parte ricostruita, in un primo caso nel 1670 e poi ancora nel 1936. In quell’occasione emersero sotto l’intonaco le tracce dell’epoca longobarda. «Le pareti intonacate – commentano alcuni esperti e appasionati d’arte – le conferiscono un aspetto più vicino a un box per il ricovero delle auto che a una chiesa». Aperta in rarissime occasioni, non è facile poter vedere l’affresco nella volta, con la Vergine trasportata dagli angeli, che è di Andrea Lanzani. Una delle ultime volte in cui è stato possibile varcare il portone dell’edificio che era diventato sede della chiesa cristiana dopo il sequestro per abuso edilizio del capannone costruito in strada Campeggi, è stato quattro anni fa per una preghiera ecumenica. Allora era stato il vescovo Giovanni Giudici a dare alla comunità composta da 300 fedeli la chiesa sconsacrata perché potessero tenere le loro funzioni, mentre la sede che avevano fatto erigere tornava ad avere le sembianze di un capannone.

ARTICOLO DE IL GIORNO DEL 10 GENNAIO 2016

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