Tibaldi con gli studenti e 24mila fotografie Una mappatura psico-geografica della città

NAPOLI

Con il progetto «Questione di appartenenza», che sarà presentato oggi ore 12 al Madre, Eugenio Tibaldi tenta di cogliere la «porosità» dei luoghi urbani identificando, attraverso arazzi su carta, quattro distinte aree geografiche (Quartieri Spagnoli, Centro storico-Forcella, Sanità. Materdei – Montesanto) . Una vera e propria psico-geografia di alcune aree del nostro centro storico, realizzate nel corso di un workshop sulla lettura del territorio di Napoli e delle sue periferie con alcuni studenti del Liceo Vico. Trenta ragazzi, utilizzando il proprio smart phone come uno strumento di coesione sociale che annulla le differenze di status, hanno fotografato edicole votive, ingressi dei bassi, finestre, cassette per le lettere, stendi panni, paletti, tubi dell’acqua, cavi, condizionatori, insegne e graffiti, realizzando un totale di 24mila immagini da cui sono state selezionate quelle usate per la composizione dei collages finali. Il risultato sono cinque arazzi: un enorme ricamo su carta, come una lente per guardare non il singolo dettaglio ma l’immagine globale. Un archivio visivo del centro storico di Napoli, in grado di raccontarne i fenomeni sociali ed estetici. Tutte le opere, testimonianza di un modo alternativo di vedere spazi cose e persone, saranno esposte fino al 18 gennaio e saranno oggetto di specifiche visite guidate dagli stessi studenti. Curato da Fabrizio Tramontano e frutto di una convenzione stipulata tra scuole e museo, il progetto sarà presentato da Andrea Viliani, Pierpaolo Forte, la dirigente scolastica Maria Clotilde Paisio, le docenti Luciana Soravia, Giovanna Pastore, Ileana Passerelli. Tibaldi, che vive e lavora a Napoli, da sempre con sguardo attento coglie le peculiarità dei luoghi legate all’idea di disagio sociale, di degrado, ma che progressivamente si plasmano in una propria identità contrassegnandosi come zone contenenti nuove centralità. Luoghi in cui il confine tra legalità ed illegalità non è più marcato, in cui il vuoto istituzionale viene colmato da un caos funzionale e funzionante che modifica la percezione degli spazi, rendendoli elastici e mobili, annullando il confine tra pubblico e privato, tra interno ed esterno.

ARTICOLO DI DANIELA RICCI DEL 13 GENNAIO 2016, IL MATTINO

 

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