Nuove crew e profili-ombra sui social Come cambia la galassia dei graffitari

MILANO

I WRITER stanno cambiando pelle. Un’evoluzione forzata della specie per sopravvivere alla morsa sempre più stretta di magistrati, vigili, Comune e Atm. Basta citare i dieci identificati nelle prime cinque settimane del 2016 (sei indagati e due arrestati) e le recentissime condanne a sei mesi per un’incursione datata 2014 al deposito del metrò di San Donato, con tanto di risarcimento danni all’azienda trasporti e assegnazione all’amministrazione dei beni confiscati da riconvertire in materiale per attività di educazione alla legalità. Una batosta dietro l’altra, anche per gli stranieri in trasferta. Battaglie perse che hanno spinto i graffitari seriali a farsi più attenti per continuare la guerra al «sistema». E soprattutto meno spavaldi. Particolare non da poco, si ragiona in ambienti investigativi: se l’imbrattatore deve rinunciare alla risonanza pubblica delle sue azioni – o comunque è costretto a circoscriverne l’eco a canali di nicchia – viene automaticamente meno una delle principali motivazioni che lo spingono a rischiare di essere «beccato» in flagranza. Gran parte del merito va al nucleo specializzato della polizia locale, che dal 2008 in avanti ha accumulato un knowhow senza eguali in Italia. Metodi di contrasto così efficaci e tempestivi da costringere gli assaltatori incalliti del metrò a weekend a Roma (e comunque fuori dal territorio di competenza della Procura di Milano). Veniamo alla nuova geografia delle crew: alcune di quelle storiche si sono praticamente dissolte (molti «king» sono finiti alla sbarra), lasciando spazio a nuove formazioni come Swe e Bmc. NUOVE FORMAZIONI che hanno fatto tesoro delle esperienze precedenti. Come? Evitando di lasciare tracce del loro «passaggio» sui social network mainstream, se così vogliamo definirli, e utilizzando spazi virtuali meno battuti per veicolare le loro «bravate»; in realtà, c’è pure chi non ha rinunciato a Facebook e Instagram, avendo però l’accortezza di creare profili-ombra e altri «veri», così da rendere più difficile il lavoro dei segugi in divisa. Altre contromisure: linguaggio criptato per comunicare in rete e frequente cambio di nickname e tag identificativa. Senza dimenticare la disattivazione degli smartphone prima e durante le intrusioni, nonché l’utilizzo di sim intestate a parenti e amici. Un dato interessante riguarda i blitz in metropolitana: nel corso del 2015, è cresciuta la percentuale di assalti con lo stile backjump – raid volante durante la breve sosta dei convogli in stazione – rispetto a quelli andati in scena nei depositi (rapporto 60-40 più o meno), sempre più presidiati dalla sorveglianza Atm. «I writer – ragiona Fabiola Minoletti, numero uno dell’Associazione Antigraffiti – si sentono più sicuri in un posto in cui ci sono più vie di fuga piuttosto che in uno in cui ci sono alte probabilità di finire in trappola». Ovviamente, nessuno canta vittoria: il fenomeno è mutato, ma esiste ancora. Ed è alimentato da ragazzi di età compresa tra 15 e 23 anni. Come dire: la guardia va tenuta alta, guai a mollare la presa. massimiliano.mingoia@ilgiorno.net nicola.palma@ilgiorno.net

ARTICOLO DI MASSIMILIANO MINGOIA e NICOLA PALMA DEL 12 FEBBRAIO 2016, IL GIORNO

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