Anni di attesa per restaurare pochi attimi per imbrattare

NAPOLI

Viaggio nei siti storici attaccati dai vandali: ultimo il Museo nazionale

Ci sono voluti anni di attesa e migliaia di euro per vedere restaurata, un paio di mesi fa, la facciata del Museo Nazionale che guarda su Santa Teresa. Per rovinarla, invece, sono bastati 10 minuti e una mano vandalica che ha imbrattato il rosso ancora vivo con una gigantesca scritta nera senza senso. Altre due bombolette hanno devastato le mura adiacenti. I graffiti del Museo appena rinnovato si aggiungono alla lista lunghissima di monumenti partenopei imbrattati: il Plebiscito, il complesso e il Campanile di Santa Chiara (dove da poco è stato disegnato un fallo), il San Carlo, il Maschio Angioino, la fontana e il complesso di Monteoliveto, San Martino, San Giovanni Maggiore, eccetera. Più che lunga, la lista è completa, dato che dalle scritte si salvano quasi solo i monumenti in fase di restauro e quindi coperti da teloni, come Palazzo Reale. Il resto della storia di Napoli è un foglio per teppistelli privi di senso della storia. Iniziamo il tour del graffito dalla povera Rotonda Diaz. Il monumento dedicato al generale è un campo di pelota per ragazzini. Al di sotto degli altorilievi bianchissimi, il pallone scagliato con violenza batte sulla scritta nera «Sara ti amo, Antonio». I vandali innamorati non hanno risparmiato nemmeno la facciata opposta del basamento. Qui c’è scritta, sempre in nero su bianco, un’intera richiesta di matrimonio: «Antonio e Naomi. ‘Mi sposi?’. ‘Sì’». La loro sarà un’unione incivile. Per trovare altre scritte basta arrivare in Villa Comunale. La bomboletta regna sovrana su quasi tutte le statue e le fontane e sull’ex Casina della Stampa, ridotta a uno scempio e abbandonata da anni. Fa però più male il nuovo graffito che ha devastato la Stazione Zoologica appena rimessa in sesto: «Anna più Sasy». Impossibile non notarlo. La Colonna Spezzata, poco più avanti, «vanta» un indecifrabile scarabocchio verde. Poi c’è l’altro campo di calcio cittadino, il Plebiscito, che si sta rapidamente ri-degradando dopo i lavori da poco finiti. Nell’attesa che le istituzioni assegnino i locali del Colonnato e che si trovi un modo per dare vita alla piazza, i leoni sono sempre più imbrattati, i murales si moltiplicano sotto ai portici, e le prime scritte sono apparse anche sui cavalli. Pochi passi e si arriva al San Carlo. Chi ci entra può leggere sui muri «Forza Napoli» seguito da nomi e consonanti a caso. Quanto al Maschio Angioino, anche se per lo più costeggiato dai cantieri, conta una vera e propria «area bivacco», quella che affaccia sul porto, cioè sul biglietto da visita della città per i turisti. Qui i clochard spadroneggiano, tra cartoni e Tavernelli a fare da sfondo alle scritte sulle mura del castello: «Ti amo Sasy. Ti amo Pina» e una frase in bianco di Melina Riccio, nota writer errante, autrice di graffiti in tutta Italia. Ci allunghiamo fino all’altro biglietto da visita di Napoli, piazza Garibaldi, la cui statua è largamente verniciata di rosso, forse anche per motivi ideologici. Comunque è imbrattata. Niente da fare, il graffitismo qui parte dal basso e dunque è diffusissimo, anche perché è impunito. A Napoli il passato, per molti, è sacrificabile in nome della momentanea e insensata voglia di scrivere su un muro. Scarabocchi anche a Porta Capuana e all’ingresso della splendida chiesa di San Giovanni in Carbonara. Qui troviamo Guido Gallerani, un turista che viene da Bologna e lavora nel campo della letteratura: «In altre città d’Italia i monumenti non vengono trattati così – dice – Qui l’imbratto impera». Qualcuno salvi la storia dai ragazzini. Un problema «educativo», secondo il vicesindaco Raffaele del Giudice: «Da troppi anni a Napoli abbiamo smesso di essere una comunità educativa. Oggi il writer può fare cose bellissime se ha spazi a disposizione. Invece, questi che scrivono e imbrattano sono altro. Si tratta di un’inciviltà troppo precoce. Bisogna ricominciare a educare e far capire che non si scrive sui monumenti».

ARTICOLO DI Gennaro Di Biase DEL 4 FEBBRAIO 2016, IL MATTINO

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