CASO BLU

BOLOGNA

Gli artisti ribelli “Boicottiamo quella mostra”

Venerdì i writer contro l’apertura di “Street Art” Blu si fa vivo dopo aver distrutto i suoi dipinti “Mai più qui finché i magnati magneranno”

[INTRO PRIMA PAGINA]

BOICOTTAGGIO della mostra Street Art, nuove performance in cantiere e persino un “megamuro” dove ammirare l’arte di strada senza dover pagare un biglietto. Dopo l’azione eclatante di Blu, che ha cancellato con la vernice grigia le sue opere sui muri di Bologna, la protesta del mondo dell’arte underground non si ferma. L’evento «per non partecipare alla mostra Street Art», in programma venerdì alle 9 a Palazzo Pepoli in concomitanza con l’inaugurazione della mostra tanto contestata, ha già raccolto in Facebook mille partecipanti. E mentre sul muro rimasto grigio compare una specie di epitaffio: «Rimpianti sì ma in ogni caso nessun rimorso», sul blog dell’artista si leggono poche righe: «A Bologna Blu non c’è più e non ci sarà finché i magnati magneranno». 

BOICOTTAGGIO della mostra Street Art, nuove “performance” in cantiere, persino un “megamuro” che ospiterà i graffiti di strada, per fare da contraltare all’esposizione che inaugura venerdì a Palazzo Pepoli. Dopo l’azione eclatante di Blu, il writer che ha cancellato con la vernice grigia i suoi lavori dai muri di Bologna in polemica con la “privatizzazione” delle opere, la protesta del mondo dell’arte underground non si ferma. Per venerdì alle 9, in via Castiglione 8 a Palazzo Pepoli, nello stesso momento in cui la mostra tanto contestata aprirà al pubblico, è stato organizzato un evento “per non partecipare alla Street Art”. Per ora è solo un evento su Facebook, ma ha già raggiunto i mille partecipanti virtuali e sono in molti a parlarne come di qualcosa di molto concreto. «Ci sarà un’azione organizzata con i graffitisti come contro-manifestazione – spiega Cathy La Torre di Coalizione Civica – noi parteciperemo anche se le modalità le studiano negli ambienti artistici, la creatività in questo caso fa da guida». E chi più ne ha più ne metta: sempre sui social network la parola chiave #mementomuri è associata a una nuova performance. «Lo sapete che un gruppo di streetartist è in città e sta preparando qualcosa di incredibile? – si legge – Sarà un megamuro che voi tutti potrete vedere senza nessun biglietto d’ingresso!» Dai muri e dalla rete del resto fino ad ora il messaggio è arrivato forte e chiaro: no alla mostra organizzata da Genus Bononiae, la “creatura” di Fabio Roversi Monaco, che per esporre i graffiti d’autore li ha staccati da muri e messi in un museo. Il blog “blublu.org”, dove sono raccolti tutti i lavori dell’artista di strada che il Guardian mise tra i 10 migliori al mondo, spiega con chiarezza: «A Bologna non c’è più blu e non ci sarà più finché i magnati magneranno. Per ringraziamenti e lamentele sapete a chi rivolgervi».

Il muro dell’Xm24, intanto, rimasto grigio dopo le pennellate “autoinflitte” ieri riportava una specie di epitaffio: «Rimpianti sì, ma in ogni caso nessun rimorso».

E Blu non è certo solo: nello stesso “raid” a colpi di rullo di vernice è stato cancellato anche il graffito di Ericailcane in via Capo di Lucca realizzato per il collettivo Bartleby. Ora le istituzioni cittadine si interrogano su come rispondere alla rivolta dei writer, nella città dove una di loro, Alicè, è stata recentemente condannata per imbrattamento. «Dobbiamo creare un centro di documentazione sulla street art, questa volta fatto da una struttura pubblica – dice l’assessore regionale alla cultura, Massimo Mezzetti – questa forma di arte va immortalata con fotografie e video. Ci vedremo entro questo mese per decidere il da farsi, anche a Bologna ci sono spazi interessanti che potrebbero ospitare un centro di questo genere. Ne ho già parlato con il direttore dell’Ibc, Alessandro Zucchini. Noi siamo impegnati su questo fronte, le opere di Blu scomparse le abbiamo tutte fotografate e catalogate. In ogni caso le mostre vanno fatte dentro un percorso partecipato, almeno con gli autori».

Intanto Daniele Ara, presidente del quartiere Navile, continua a pensare che il suo territorio sia stato privato di un pezzo importante. «Io invito Blu a tornare, abbiamo tanti muri che può dipingere, come ad esempio le paratoie in superficie della rotonda di via Gobetti – dice Ara – . La Bolognina è aperta a questa forma d’arte e adesso verranno realizzati altri graffiti d’autore sulle case popolari, nell’ambito del progetto Frontiers. Invece facciamo più fatica a lasciare che gli studenti completino il murales alle scuole Testoni. La Soprintendenza non è convinta e così è tutto fermo».

ELEONORA CAPELLI, LA REPUBBLICA

 

Perché difendo Blu, l’artista di strada che cancella i graffiti

Lo street artist Blu sabato ha protestato platealmente a Bologna, distruggendo i propri murales in giro per la città in segno di protesta contra la mostra Street Art – Bansky&Co. dove dal 18 marzo saranno esposte anche sue opere staccate dai muri cittadini senza chiedergli l’autorizzazione. Nel 2007 lo stesso Blu dipinse su mia richiesta (ero assessore alla Cultura a Milano) un gigantesco murale sulla parete d’accesso del PAC. Ecco perché, io che lo conosco, posso dire che ha ragione: la street art non si rinchiude nei musei. a pagina 24 Lo street artist Blu sabato ha protestato platealmente a Bologna, distruggendo i propri murales in giro per la città in segno di protesta contra la mostra Street Art – Bansky&Co. dove dal 18 marzo saranno esposte anche sue opere staccate dai muri cittadini senza chiedergli l’autorizzazione. Nel 2007 lo stesso Blu dipinse su mia richiesta un gigantesco murale, sulla parete d’accesso del PAC, il Padiglione d’arte contemporanea a Milano. Io ero l’assessore alla Cultura del Comune, e avevo programmato la mostra Street Art, Sweet Art . Non ebbi problemi nella mia opera di «legalizzazione», e anzi nacquero amicizie e nuovi progetti. In sostanza offersi ai graffitisti di occupare uno spazio pubblico. Una perfetta antinomia. Non una mostra su di loro ma una mostra con loro. Ora Bologna, a Palazzo Pepoli, progetta una mostra sulla stessa materia – Street Art – Bansky&Co. , appunto – ma grande è il disordine sotto il cielo, come il disperato tentativo di storicizzarli. Blu, con i suoi fan, arriva e distrugge tutte le sue opere dislocate nei centri sociali, per protesta contro l’iniziativa dell’istituzione culturale «Genus Bononiae» che ha progettato il distacco dei dipinti dai muri. Gesto nobile e autentico quello di Blu, che restituisce alla strada quello che nella strada è nato. E non è nato perché qualcuno lo abbia commissionato, ma per un gesto di trasgressione che rappresenta la posizione e la ribellione dei writers alle regole della società. Caratteristica prima del graffito sono le grandi dimensioni, che il ’900 – si pensi a Morandi o Mondrian – ricusa per piccoli quadri da stanza pensati per un collezionismo privato, ricco ed egoista. Unico precedente tipicamente consolidato sono i murales messicani di Diego Rivera, Siqueiros, Orozco, i quali hanno lavorato su commissione in nome del potere e della rivoluzione, come era stato da noi, sotto il fascismo, coi grandi murali di Sironi. Quando inizia l’avventura dei giovani graffitisti siamo nel pieno della crisi dei rapporti tra committenti e artisti e anche del disagio per trovare spazio e accoglienza. La loro reazione è dunque restare fuori dalle istituzioni e dai musei, un po’ per scelta un po’ per necessità. Così conquistano lo spazio urbano, principalmente in periferia, dove non chiedono a nessuno di poter sfogare la loro – talvolta eccellente creatività. Eccoli dunque fuori legge. Il punto di irradiazione di questa concezione «coatta» è il centro sociale «Leoncavallo» a Milano dove i writers si esprimono tra le vie Antoine Watteau, grande pittore, e Gian Pietro Lucini, grande futurista, per singolare coincidenza. Alcuni invenzioni dei writers saranno memorabili, ma lo è altrettanto la loro pervicace illegalità. Segue Bologna con vaste imprese nelle aree dei centri sociali, giudicate dal critico Antonio Storelli, titolare della galleria Portanova 12, tra i monumenti dell’arte contemporanea, che hanno reso Bologna la capitale del graffitismo. Oggi quella realtà è minacciata, non dai vandali, o da uno Stato punitivo, ma dagli stessi autori dei graffiti che non vogliono sentirsi espropriati di ciò che hanno fatto contro la legge. È un paradosso, ma è del tutto legittimo che Blu distrugga quello che ha fatto, per impedirne «l’estraniamento» nella ospedaliera sede museale, sradicando i graffiti dai luoghi dove sono stati realizzati e dove hanno il senso della storia, della libertà e della eversione. La rivoluzione non può essere portata in salotto. Meglio il cupio dissolvi . Capisco le buone intenzioni di Fabio Roversi Monaco, presidente di «Genus Bononiae», ma devo ricordagli che sono stato il primo a fare prigionieri i writers nella memorabile mostra al PAC di Milano, dove, con Alessandro Riva, invitai, in spazi pubblici e nel rispetto di tutte le regole, numerosi giovani a esprimersi nel loro linguaggio libero, trasferito dalla strada al museo, espropriandoli della loro illegalità. Contestualmente, tentai di vincolare i graffiti del «Leoncavallo», luogo per eccellenza della occupazione e della trasgressione. Mi scontrai con il sindaco Moratti e con gli altri assessori che mi tolsero la competenza sul «Leoncavallo», perché il riconoscimento del valore artistico dei graffiti avrebbe prevalso sull’illegalità. Se sul muro di una casa Leonardo avesse abusivamente lasciato uno schizzo della Battaglia di Anghiari , l’importanza del reperto ci impedirebbe di distruggerlo. E noi, come accade con i graffiti dei prigionieri nello Steri di Palermo, saremmo a legittimare ciò che è fuori legge. Ora, il caso vuole che al PAC, sulla facciata dell’edificio di Ignazio Gardella, io abbia commissionato proprio a Blu il dipinto che tuttora è in situ , sempre minacciato di essere cancellato, ma non guardato con sfavore(e piuttosto con inconsapevolmente complice indifferenza) dagli ultimi sindaci, Letizia Moratti e Giuliano Pisapia, forse perché non si sono accorti che, su uno sviluppo di più di dieci metri, rappresenta una montagna di cocaina a cui tutta la popolazione attinge. In realtà esso rappresenta un punto di equilibrio tra il gesto libertario del graffitista e la commissione pubblica. Non avrei mai immaginato di fare una mostra strappando dai luoghi dove sono state eseguite le opere che sono state concepite per quella situazione. Non so se la situazione sia riparabile. Blu ha paradossalmente rivendicato i diritti della sua illegalità. Non si può legalizzare ciò che nasce da un gesto anarchico.

VITTORIO SGARBI, IL GIORNALE

ANCONA

«La battaglia di Blu è sacrosanta» Il grido degli artisti anconetani

IL GRIGIO è tutto ciò che resta dell’arte di Blu. Ora per vedere i suoi splendidi murales bisognerà volare a Londra, a New York o in America latina. Oppure arrivare ad Ancona, dove il palombaro dipinto su uno dei silos del porto campeggia ancora, un po’ scolorita, a cinque anni dal festival Pop up!. Le opere di Blu sono state distrutte dallo stesso autore in una protesta clamorosa e inequivocabile a Bologna. Sabato il writer di origine senigalliese ha dato seguito alla sua minaccia per impedire che le sue opere, come quelle di altri street artists, venissero strappate dai muri della città per essere esposte dall’istituzione culturale Genus Bononiae, sostenuta dalla fondazione bancaria e presieduta dall’ex rettore Fabio Roversi Monaco. Le opere del writer, insieme ad altri splendidi pezzi di vita urbana, sarebbero finiti nella mostra che inaugura giovedì proprio a Bologna, città di adozione di Blu.

IL «FURTO» di murales andava avanti da diverse settimane e aveva già scatenato l’indignazione di chi l’arte la ama e anche di chi l’arte la fa, come un altro celebre writer anconetano, Giacomo Bufarini in arte Run, che ha da poco dipinto una piazza intera a Essaouira, in Marocco. Proprio sulla polemica bolognese Run ha preso una posizione piuttosto netta, schierandosi contro lo scippo dei murales. Stesso discorso per Luca Blast Forlani, altro artista anconetano autore di meravigliose raccolte di foto di luoghi abbandonati con il progetto «Intruders». Infine anche il writer Dem ha deciso di combattere in prima persona la battaglia di Blu e in generale dell’arte di strada. Anche lui starebbe cancellando le sue opere dall’XM24, l’ex Mattatoio di Bologna che ospitava alcuni tra gli splendidi disegni di Blu.

«SONO PIENAMENTE d’accordo con Blu – dice Luca Blast Forlani -. So che anche Dem sta cancellando i suoi lavori. Trovo scandalosa – continua l’artista – e davvero poco etica questa trovata di allestire una mostra con le opere sciacallate dalla strada e quindi strappate agli occhi di tutti (motivo per cui erano state realizzate) per racchiuderle in uno spazio per pochi e a pagamento». Stesso tono quello usato da Run, che oltre alla piazza in Marocco ha disegnato in tanti angoli del mondo e ad Ancona ha realizzato opere recentemente alle sucole Faiani e all’ex Metro. sue le bellissime maschere in corso Garibaldi: «Quello che succede in Italia è una truffa – dice in merito alla vicenda -. Prendere dei muri senza chiedere per usarli come sfoggio di cultura, sradicare un dipinto che era in un posto con la sua energia e portarlo in un posto sterile è una truffa. Perché allora, invece di rubare un muro che è destinato a disintegrarsi per natura propria, non se ne offre un altro? Visto che l’opera di Blu è cosi importante per la cultura e per l’arte italiana, e lo è! allora perché non gli si offrono altri muri prominenti in giro per le città? Questo sarebbe -conclude Run – lo scambio equo per salvaguardare questo tipo di arte».

ELEONORA GROSSI, IL RESTO DEL CARLINO

«Blu agisce a suo rischio e la scelta spetta a lui»

DA BARACK OBAMA che scrive allo street artist Obey per ringraziarlo del supporto ricevuto alla sua campagna elettorale – seppure in maniera non concordata – all’arresto, pochi anni dopo, dello stesso Obey, a Detroit, perché accusato di atti vandalici nonostante stesse dipingendo il muro di una casa su commissione del proprietario. Un quadro giuridico quanto mai incerto, quello della street art, specie per ciò che riguarda l’utilizzo di un’opera. Che, al di là della sua provenienza e del fatto quindi, che sia frutto di una azione illegale, è depositaria di una serie di diritti che spettano comunque all’autore. Tra etica e legalità dell’arte di strada, si sviluppa il lavoro, che arriva nelle librerie proprio questa settimana, del sociologo Alessandro Dal Lago (ha insegnato anche a Bologna), Graffiti. Arte e ordine pubblico’ (il Mulino), scritto con Serena Giordano. Dal Lago, la questione Obey è emblematica di ciò che succede a Bologna. «Certamente, perché sul tema dei graffito giudizio morale e scelte legali si mescolano, assumono spesso posizioni incompatibili, per cui è difficile elaborare un giudizio che soddisfi i due ambiti. In America Obey è stato arrestato anche se aveva il permesso del proprietario. E non dimentichiamo la maxi multa alla graffitista bolognese AliCè di poco tempo fa. Un’artista bravissima. Ma la sua creatività non l’ha certo salvata dalla legge». C’è da dire che è la stessa pratica del graffitismo a nascere come azione illegale. «Ci sono casi nei quali sono le persone che abitano in una zona a incaricare i graffitisti di abbellirla, come era successo a Milano dove un comitato di quartiere si era rivolto ai due writers Pao e Linda per colorare un muro. Lavoro che poi, paradossalmente, era stato cancellato dai volontari schierati dal Comune dopo i vandalismi seguiti a una manifestazione. Ma, in generale, chi fa i graffiti sa che può andare incontro a conseguenze di carattere legale, si addossa delle responsabilità e quindi credo sia poi libero di fare della sua opera quello che vuole. Altrimenti farebbe un lavoro su commissione di un museo. Blu ha creato le opere che ha poi cancellato a suo rischio e pericolo. E solo lui può decidere se sottrarle alla città». Potremmo invece sostenere che non appartengono più solo a lui, ma alla comunità? «E chi decide quali sono un vanto per la comunità e quali no? Chi si arroga questo diritto? Perché allora multare la graffitista AliCè? Blu crea capolavori e lei no? Nessuno può affermare che un’opera di street art, nata già come lavoro instabile, deteriorabile, transitorio, sia un capolavoro oppure vandalismo. Il problema è che stata applicata una logica museale a quello che museale non è».

PIERFRANCESCO PACODA, IL RESTO DEL CARLINO

 

Per lo street artist senigalliese Blu opere cancellate, distrutte o demolite

SENIGALLIA

Blu cancella i suoi disegni da Bologna, per protestare contro la mostra che si inaugurerà a breve sulla street art, ma a Senigallia a cancellare due sue opere all’ex Sep e alle ex Colonie Enel ci ha pensato invece la precedente Amministrazione comunale. Ruspe che non hanno risparmiato nemmeno le opere del 36enne senigalliese Nicola Mariani, nipote dell’ex sindaco. Ieri ha scritto nella sua pagina Facebook, seguita da oltre 84.000 persone: “A Bologna non c’è più Blu e non ci sarà più finché i magnati magneranno” motivando così il suo gesto. Lui preferisce rimanere dietro le quinte, così ha sempre fatto celandosi dietro lo pseudonimo di Blu. Un gesto, quello messo in scena a Bologna da uno dei maggiori street artist a livello mondiale, compiuto quindi in segno di protesta per la mostra “Street Art. Banksy & Co.” promossa da Genus Bononiae con la Fondazione Carisbo, dove saranno esposte dal 18 marzo anche opere staccate da muri cittadini. I suoi murales non finiranno dentro un museo essendo lui un artista di strada. Se non potranno restare appunto sulle facciate dei palazzi e sui muri non saranno allora da nessuna parte. Per questo motivo le ha tolte.

Da tempo invece nelle Marche alcuni suoi lavori sono stati distrutti o cancellati non per sua volontà. È il caso della sua città natale, Senigallia. I murales dell’ex cantiere Sep al porto e quelli delle ex colonie Enel sono spariti con la demolizione degli edifici, per fare posto rispettivamente alla ristrutturazione dell’area portuale e ad una lottizzazione immobiliare che ancora non è partita. Un altro murale al liceo Marconi di Pesaro è stato invece cancellato anni fa dalla Provincia, proprietaria dell’immobile. Ancora visibili invece il palombaro su un silos nel porto di Ancona e altri graffiti a Fabriano. Tra le sue ultime opere c’è l’uomo verde realizzato sulla facciata dell’ex ospedale psichiatrico giudiziario di Napoli. Un uomo verde, gigante, con lo sguardo vuoto che si strappa la maglia da prigioniero. Per il quotidiano britannico The Guardian Blu è nella classica dei dieci migliori artisti writers del mondo.

S.M., CORRIERE ADRIATICO

Comacchio difende l’arte di Blu: da noi i murales sono sicuri

In città opere del writer alla ribalta per la protesta a Bologna. L’assessore Parmiani: qui al riparo da screanzati galleristi

COMACCHIO

Mentre sabato Bologna si privava, per mano del suo stesso artefice, di una fetta consistente della sua arte di strada, Comacchio invece rilancia sulla forza espressiva delle opere di Blu, writer che alla cittadina lagunare ha regalato nel 2005 imponenti murales. Un gesto, quello compiuto ieri dall’artista che ha rimosso a Bologna suoi murales in segno di protesta, visto che una istituzione culturale sta staccando dai muri bolognesi le opere dei writer più quotati per esibirle, in alcuni casi senza il consenso degli autori, in una mostra sulla street art. «Nella nostra piccola-grande Comacchio, abbiamo ancora la possibilità di godere della bellezza delle opere di Blu – ha scritto l’assessore Stefano Parmiani sul suo profilo Facebook-, al riparo da screanzati galleristi e sciacalli dell’arte. Siamo fortunati, estremamente fortunati, dobbiamo essere orgogliosi di queste opere che l’artista nel 2005 ha donato alla comunità». In rete è diventato virale l’hastag #Negrigiodipintodiblu, attorno al quale si stanno accumulando in queste ore foto simbolo: intere facciate di edifici tinteggiate di grigio, prima abbellite dalle opere dell’artista, ritenuto dal Guardian, tra i dieci migliori street artist al mondo. Blu, il cui nome resta inciso su murales in Palestina, Stati Uniti, America Latina e in tanti Paesi europei, ha partecipato tra 2005 e 2007 allo SpianFestival. E tutt’oggi le sue gigantesche figure di esseri umani intrecciati a pesci e altri animali, catturano lo sguardo di chi passa tra le case popolari di via Spina, la palestra e l’asilo nido di via Fattibello, ma anche in via Marina. Lungo la provinciale 1 in direzione mare, si possono vedere figure tra realtà e mitologia che ricoprono interamente il depuratore, anch’esse opera dell’estro di Blu. L’assessore Parmiani su Facebook ha pubblicato una foto dei murales sulla facciata del nido comunale, ben in vista a coloro che parcheggiano in via dello Squero, a pochi passi dal centro storico. «È compito di ognuno di noi salvaguardarle e rispettarle, difenderle dalle critiche feroci – ha sottolineato -, di chi non ne comprende l’importanza ed il valore, difenderle da chi ciclicamente, per ignoranza o poca sensibilità artistica nel chiede la cancellazione». Oltre a incassare il sostegno pieno del sindaco Marco Fabbri, l’assessore coglie un «no alla privatizzazione della street art» di Fabio Carli e altri apprezzamenti. «Staccare i murales per farne opere a se stanti – ha postato su Fb Raffaele Mosca -, è una bieca operazione che ne snatura il senso. L’arte di strada è per definizione effimera e può essere preservata solo assieme al contesto in cui è nata».

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