BOLOGNA

Cacucci sta con Blu “Risveglia la città sedata”

E adesso non riduciamo tutto a un dibattito sull’arte. «Geniale il gesto di Blu, se fa ricominciare a discutere di politica questa città che da anni è sotto sedativi». Pino Cacucci, scrittore, nella battaglia dei muri scorticati è stato tirato dentro da un graffito: la scritta che ha violato il grigio uniforme che ha cancellato il mural dell’ex mercato ortofrutticolo. Una frase presa da un suo libro di vent’anni fa, In ogni caso nessun rimorso, romanzo sulla vita dell’anarchico francese Jules Bonnot, nemico pubblico numero uno nella Francia della Belle époque.

Sorpreso, Cacucci? «Non troppo. Da quando il libro uscì, il suo titolo è diventato spesso scritta murale, striscione da corteo, perfino tatuaggio, comunque un simbolo di irriducibilità».

È una frase di Bonnot? «Il titolo è mio e anche la frase è una mia rielaborazione letteraria delle ultime parole di Bonnot, scritte mentre era assediato dalla polizia, poco prima di essere ucciso a fucilate». Ma c’entra qualcosa con la questione dei graffiti? «Non so chi abbia avuto l’idea ma credo sia in accordo col gesto di Blu. È una frase molto emblematica di ciò che è successo. Aiuta a rimettere un po’ le cose a posto».

In che senso? «Non si può ridurre tutto a una disputa artistica. Non trascurerei l’aspetto politico di quel che sta succedendo a Bologna, ovvero la riapertura di una questione politica sul diritto di parola e di dissenso. Del resto, l’arte di strada ha una valenza politica fortissima. Il muralismo nasce in Messico come ribellione e rivolta, Rivera, Siqueiros, Orozco rompono con l’idea di opera d’arte privatizzabile, dipingono sui muri proprio perché i muri di strada non possono essere oggetto di compravendita, perché sia pubblica e lo rimanga. Il muralismo nasce come conflitto e vive nel conflitto, non dimentichiamo questa origine».

Quindi la museificazione è sbagliata? «Sì, certo, e c’è un odore di arroganza in questa operazione, prendo una cosa di tutti, la riduco a un pezzo di intonaco scorticato, imbalsamato, asfissiato, e trasfigurato e ti faccio pagare 13 euro per vederlo. È avvilente.

Quel dipinto non è più quello che era, lo hai ucciso, gli hai tolto l’anima. Blu ha capito che ci voleva quel gesto di rottura. Però, per favore, non fermiamoci lì, questa cosa dei diritti dell’artista contro quelli del museo è reale ma porta a un dibattito limitato».

Quale è la questione vera? «Blu ha lasciato visibile solo un pezzo del suo mural, quello che raffigura l’occupazione di Atlantide, vuol dire qualcosa. Quel murale sta poco lontano dall’ex Telecom, oggetto di uno sgombero che è ancora una ferita aperta.

Francamente, non credo ci sarebbe tutto questo clamore se fosse solo una provocazione artistica». Quindi prevede che ci saranno altre azioni di protesta? «Non so, ma spero che siano sullo stesso livello di intelligenza e genialità. Invadere il museo per danneggiare le opere, come sento dire, riporta tutto sul piano dell’ordine pubblico, in una danza surreale dove gli artisti di strada prima sono vandali poi superstar poi di nuovo vandali…». ”Da sinistra”, qualcuno critica Blu: hai distrutto qualcosa che avevi donato anche a noi, non era più tuo.

«Non ha agito da solo. Così come ha dipinto nel contesto di un centro sociale occupato, ha deciso di cancellare dopo discussioni con quel contesto. Chi lo ha aiutato lo ha fatto con sofferenza ma lo ha condiviso».

Come esce Bologna da questa vicenda? «Nel letargo di indifferenza totale è una botta di rivitalizzazione, una sassata in uno stagno di agonia culturale, vediamo quanto durerà».

MICHELE SMARGIASSI, LA REPUBBLICA

Vernice blindata per Banksy annunciati flash mob e proteste

In rete si mobilitano migliaia di attivisti e autoconvocati: “Contestazione pacifica” Al Giardino del Guasto invece, i bambini rifanno gli animali cancellati

CI SARÀ anche la polizia all’inaugurazione della mostra Street Art, già tanto contestata. Gli agenti garantiranno una presenza discreta, ma saranno pronti ad entrare in azione in caso di problemi e disordini, eventualmente originati dal dibattito di questi giorni attorno all’esposizione di graffiti “staccati” dai muri. L’artista di strada Blu, in polemica con la “privatizzazione” delle sue opere, ha verniciato di grigio le sue creazioni e ora in molti vogliono dare un segnale di vicinanza al writer. Il vernissage è in programma giovedì alle 18.30, mentre l’apertura al pubblico è fissata per venerdì mattina. E per venerdì alle 9 si sta preparando un flash mob davanti a Palazzo Pepoli in via Castiglione, sede della rassegna.

«Pensiamo di andare tutti vestiti di blu, con in mano bombolette spray – spiega Simone, che ha lanciato su Facebook l’evento e ha già raccolto 6 mila manifestazioni di interesse -. La manifestazione sarà assolutamente pacifica, le nostre uniche armi sono gli strumenti musicali.

La cosa che mi ha lasciato senza parole è la velocità con cui questa idea, nata quasi da sola, si è propagata in rete. Molti adesso vogliono partecipare anche da fuori Bologna». Il dibattito originato dall’azione di Blu continua sul blog dei Wu Ming e impazza fra street-artist. Ieri Claudio Corsello ha preso una posizione controcorrente: «I graffiti non sono di Roversi Monaco, ma neanche della sinistra e tantomeno dei centri sociali – ha scritto -. Lo so che vi piace lo stereotipo dello street pittore che fa disegni con argomenti sociali, ma in strada ci sono delle differenze». I centri sociali per il momento sono concentrati sulla raccolta fondi a sostegno dei tre ragazzi denunciati mentre cancellavano il murales di Blu e al Crash è in programma una festa di autofinanziamento. Ma in città Blu non aveva firmato solo il grande “affresco” dell’Xm24.

Anche il graffito sulla serranda di Modo Infoshop, la libreria in via Mascarella, è stata coperta con la vernice grigia. Così sul ponte di via Stalingrado una “chiazza” ha preso il posto di un disegno. Nel giardino del Guasto, Blu aveva dipinto nel 2002 un intero zoo, con elefanti che cavalcavano tartarughe e uccelli in volo. Ora degli animali d’artista rimangono solo chiazze sui muri. Ma a riempire quelle ferite sono chiamati i bambini.

L’associazione che gestisce il giardino lancia infatti l’iniziativa «Nel grigio dipinto di blu» invitando le famiglie venerdì e sabato prossimi dalle 16 alle 19 a colorare coi gessetti quei pezzi di muro.

ELEONORA CAPELLI & PAOLA NALDI, LA REPUBBLICA

«Gli strappi? Tutti sapevano, ora è politica»

Ci ha messo alcuni giorni a metabolizzare il gesto di Blu. Poi ha deciso di parlare. Dado, all’anagrafe Alessandro Ferri, quarantenne, è uno dei writer bolognesi più conosciuti a livello internazionale e per questo i curatori della mostra di Genus Bononiae lo hanno voluto tra i nomi esposti.

«Non voglio criticare Blu, ma quando il discorso diventa politico io me ne tiro fuori, la mia filosofia è un’altra. Vengo dalla strada e credevo volessimo fare una rivoluzione estetica, portare il colore ovunque fosse possibile, anche prendendoci le denunce. Ma io sono un utopista, lavoro per unire non dividere».

Come mai ha accettato di creare un’opera per la mostra?

«Perché me lo hanno chiesto. Mi sono speso per una vita in mille progetti che rendessero più belle le nostre città. Se ho la possibilità di disegnare in un museo perché non dovrei farlo? Io ho scelto il dialogo. Preferisco andare dentro Palazzo Pepoli e fargli un bel muro. Abbiamo avuto tutti la possibilità di dire sì o no».

In che senso?

«I curatori hanno contattato tutti, Blu sicuramente prima di me, che sono molto meno famoso, avrebbe potuto dire la sua. Oppure coprire i suoi disegni prima che venissero strappati. Quando è iniziata a circolare la voce di questa mostra, ho fatto una proposta: «Andiamo a coprire i disegni di Blu se lui non è d’accordo», ma non se n’è più parlato. Ero molto sospettoso anch’io, andavo a controllare i miei disegni. Poi mi hanno contattato e ho accettato il dialogo».

La scelta di Blu è una protesta politica contro «una concezione della città basata sul profitto»…

«Va benissimo, ma questo va oltre la mostra. Non c’entra niente con la street art nei musei. E poi vorrei fare una precisazione. C’è una differenza tra il writing, che è un’arte di tutti, dei ragazzini che sentono l’urgenza di prendere una bomboletta e fare una tag e la street art, che è un’arte di pochi anche se parla a molti. Io mi sento un writer».

Sei a disagio in questi giorni?

«Sì, mi sembra che gente con cui ho lavorato per anni abbia motivo per avercela con me. Ma in realtà il nostro mondo è molto più semplice. Ai writer interessa dove andiamo stanotte, quale treno facciamo. Ci sono altri modi per essere in prima linea. Preferisco l’inafferrabilità, ci sono writer diventati veri ricercati, vedo in quello la vera anarchia».

Chi ha sbagliato in questa storia?

«Credo ci siano stati fraintendimenti da entrambe le parti. Non difendo Roversi Monaco. Ma mi sembra si sia cercato di riparare a un danno con uno più grande, ma io sono solo uno spettatore».

ANDREINA BACCARO, CORRIERE DI BOLOGNA

«Blu fu pagato per quel murale» Il Savena chiede lumi agli avvocati

Opera cancellata in via Lombardia, Gieri: «Vogliamo capire se poteva farlo»

Tra i tanti che hanno difeso il gesto clamoroso di Blu di cancellare tutti i suoi graffiti realizzati in città nel corso degli anni, in polemica con l’imminente apertura della mostra Street Art Banksy & Co organizzata da Genus Bononiae, sono molti quelli che hanno legittimamente osservato che quelle opere erano state regalate a Bologna e che dunque l’artista poteva fare un po’ come voleva.

Tra i tanti che hanno seguito con interesse il dibattito di questi giorni sulla legittimità o meno della scelta dello street artist di cancellare le proprie opere d’arte c’era anche la direttrice del quartiere Savena, una dirigente che si è ricordata di un particolare apparentemente burocratico. E cioè che il bellissimo murales che Blu aveva realizzato sulla parete della scuola di Pace di via Lombardia nel lontano 2007 era stato commissionato dallo stesso Quartiere e regolarmente pagato all’artista. Insomma, un’altra storia rispetto agli altri murales donati alla città: cioè realizzati autonomamente su muri sparsi qua e là. Per questo il Quartiere si è allertato e ha chiesto informazioni al Comune per sapere come muoversi. Il graffito rappresenta o, meglio, rappresentava un groviglio fitto di corpi a formare il busto e la testa di un uomo con gli occhiali. Sempre la Scuola di Pace di via Lombardia ospita anche un altro graffito, ma di Ericailcane, che raffigura due animali antropomorfi: ancora intatto. E sempre in quel complesso ci sono altri graffiti di Dado, Draw e Mambo.

La presidente uscente del Savena, Virginia Gieri, conferma la circostanza che risale al 2007. «Sì è assolutamente vero che abbiamo commissionato e pagato quel murales a Blu. In quel periodo avevamo più soldi al Quartiere e ci eravamo potuti permettere questa spesa. Poi dopo abbiamo commissionato altri murales ad altri writer, sono stati fatti progetti con le scuole, il discorso è andato avanti». Ora non è che al Quartiere vogliano farne una crociata di questa questione, ma da amministratori che devono rendere conto del denaro speso c’è un tema che va chiarito: «Il nostro direttore – continua Gieri – ha chiesto un parere all’avvocatura del Comune per capire come muoverci. Il graffito è stato cancellato quasi interamente e ci stiamo chiedendo se era possibile farlo visto che lo avevamo pagato». Difficile pensare che il Comune si avventuri in una causa contro Blu perché le conseguenze politiche della controversia sarebbero più complicate del fatto in sé (pare che la cifra fosse di circa un migliaio di euro). A gestire la trattativa al tempo come coordinatore cultura del quartiere Savena fu d’altra parte l’attuale assessore al Marketing, Matteo Lepore. Un particolare burocratico, quello del graffito di Blu pagato dal Quartiere che va ad aggiungere un’altra domanda a quella principale che ha reso vivace il dibattito in questi giorni (di chi è l’arte cresciuta di nascosto?): di chi è l’arte pagata da un Quartiere e realizzata dall’artista?

OLIVIO ROMANINI

Da oggi tornano in strada i volontari Già ripuliti 20mila metri di muri

OGGI si ricomincia. Dopo oltre 20mila metri quadrati di muri puliti e 700 edifici censiti, i volontari di ‘No Tag Saragozza’ riprendono a cancellare – per poi riverniciare – le firme dei graffitari. Il tutto -ironia dei tempi – proprio mentre esplode la polemica tra i veri street artist – ed entriamo nel campo dei graffiti opere d’arte – e organizzatori della mostra a Palazzo Pepoli. Ma i tag sono altro. «Noi lavoriamo perché vogliamo far bella la nostra città – spiega Francesco Massarenti, segretario dell’Unione Pd Saragozza e uno dei cordinatori del movimento -. Dove i muri sono stati sporcati noi ci siamo dati 24 ore di tempo per ripulire. Così abbiamo resistito, anche con l’azione dei vigili. Ma il nostro lavoro di prevenzione, in campo con i murales delle scuole, è stato anche più importante». Non che ci fosse tutta questa fantasia, in quella stanca azione di imbrattatura. «Perlopiù firme, espressioni di esibizionismo. Niente slogan» rileva Massarenti. Il lavoro dei No Tag, costato qualche migliaio di euro, è monumentale: affrontate con successo Sant’Isaia, Nosadella, Frassinago, Ca’ Selvatica, Santa Caterina, parte di San Felice e il monumento alle Donne partigiane di Villa Spada. Il progetto dei volontari, promosso dal Comune e da Hera si era fermato a novembre e riparte oggi con la doppia mansione rimozione/verniciatura. Naturalmente collegato il nuovo bando Hera sulla pulitura dei graffiti, assegnato sempre a Open Group, che fornisce anche materiali e know-how ai volontari di ‘No Tag’. I quali, sono andati avanti anche in questi mesi invernali ‘fuori bando’, utilizzando il materiale avanzato dalla sessione ufficiale: «Abbiamo cancellato tutti i tag di via Saragozza fuori Porta – racconta Massarenti – e ora riprendiamo dall’angolo con via Guidotti (appuntamento ore 15)». Il gruppo conta una cinquantina di iscritti. «Come Quartiere Porto-Saragozza inoltre – continua – stiamo procedendo con il lavoro con le scuole, partito già dieci giorni fa con dei murales. Centotrenta ragazzi delle scuole Guidi, Crescenzi-Pacinotti e Aldrovandi-Rubbiani si occupano di riverniciare via Saragozza dentro Porta, via Urbana e via Riva Reno».

PAOLO ROSATO, IL RESTO DEL CARLINO

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