Atomo boccia i graffiti comunali «È mancato un restyling vero»

MILANO

L’ex consigliere di Rifondazione salva le opere di Bonola: «Ma i muri liberi non devono essere un luogo di sfogo»

Davide Atomo Tinelli è uno che di graffiti se ne intende. Classe 1959, milanese, è nato praticamente con la bomboletta spray in mano: consigliere diRifondazione a Palazzo Marino dal 1993 al 2006, sono più di trent’anni che si occupa di street art. Oggi ha deciso di dare i numeri. E ha stilato una classifica personale dei murales di Milano. Quelli dei 100 muri liberi messi a disposizione dal Comune per disegni e tag. Un progetto, per la verità, che ha destato qualche perplessità anche tra i graffitari doc come Atomo: «I muri della città non devono essere solo una palestra o un luogo di sfogo: l’amministrazione dovrebbe impegnarsi seriamente in un’operazione di restalyng», racconta. Tant’è: a girare per la città si finisce pure per trovare dei muri pittati a opera d’arte. È il caso del «Wild Style»: a lui va, infatti, la medaglia d’oro nella personale classifica di Atomo. È all’uscita della fermata Bonola della metro: «Il gioco di colori e le simmetrie sono una vera prelibatezza», conferma l’artista. Se poi volete continuare a strabuzzare gli occhi dovrete recarvi fino a Villapizzone. Lì, proprio sotto il cavalcavia, in via Ailanti, c’è un graffito dove «le geometrie delle linee squadrate e l’uso dei colori evidenziano bene il disegno senza oscurare la scritta»: quello è un muro organizzato dalla Triennale diversi anni fa e che di elogi ne ha già ricevuti parecchi. Ancora, posizione numero tre: via Giampiero Lucini, a ridosso Leonkavallo: un vero e proprio «pezzo da museo», parola d’intenditore. Quel graffito è «apprezzatissimo per le sue simmetrie e poi fa parte di un muro prestigioso perché ci sono pezzi con Ozmo, Neve e Blu», ossia artisti italiani tra i più quotati. Per chiudere in bellezza però dovrete ritornare a Bonola dove c’è lo storico (e un po’ rovinato) «Gaetanone». Il celebre personaggio disegnato sul muro a sinistra è un volto che a Milano si vede spesso. Ma oltre a lui sulla parete centrale c’è un altro murales che «racchiude in sé un’insieme di stili del graffito: una vera e propria esercitazione in cui si possono cogliere le differenze delle varie tecniche di realizzazione del disegno». Per Atomo l’arte in città ha sempre la priorità. Come dimostra anche la sua partecipazione al progetto «Energy Box» sulla riqualificazione di 150 centraline semaforiche: ma attenzione, non tutti i graffiti sono opere d’arte. Tra quelli meno apprezzati ci sono i murales di via Pontano (dietro il Parco Trotter) e di via Bacchelli (zona Cimitero Maggiore): «Le intemperie li hanno rovinati», racconta Atomo, «e tutto sommato manca una vera e propria ricerca di colori, uno studio sulle forme e sull’espressione del disegno». Non destano particolare attenzione neanche i murales di via Spezia (cento metri dalla stazione di Romolo) e quelli del sottopassaggio di Molinetto di Lorenteggio. Alla fine però l’artista precisa: «Il lavoro altrui va rispettato. Ma non basta solo un tag per diventare writers». Già. Ma a storcere il naso sul progetto dei 100 muri liberi c’è anche il movimento “no profit Retake Milano” dell’Associazione Nazionale Antigraffiti che da dieci anni si occupa di ripulire i murales vandalici. Grazie al progetto «Milano fuori classe», lo scorso lunedì Retake ha coinvolto i ragazzi della scuola media Ciresola nelle operazioni di riqualifica dell’area giochi di Piazza Bacone e proprio oggi presenterà «Shelly»: la prima app gratuita contro il vandalismo. «Attraverso un avviso anonimo gli utenti che avranno installato Shally potranno segnalare sulla mappa eventuali incendi, manifestazioni, situazioni di degrado e incuria, allegando anche delle foto. Così anche la polizia locale potrà intervenire», afferma Antonio Amato di Retake.

FEDERICA SCANO & CLAUDIA OSMETTI, LIBERO DEL 17 MARZO 2016

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2 Responses to Atomo boccia i graffiti comunali «È mancato un restyling vero»

  1. Giovanna Ponti Rispondi

    19 marzo 2016 at 19:49

    Ma con il macello che c’è ovunque per le scritte senza senso come si fa ad apprezzare un’opera “d’arte” di strada. Milano appena fuori dalla zona c diventa un incubo di firme e scarabocchi fatti uno sopra l’altro.
    Parlare di opere d’arte fra questa immonda distesa di schifezza è come pretendere di cogliere il bello della musica di un’orchestra mentre tutto intorno sbattono coperchi, suonano clacson, urlano persone litigiose e c’è un traffico infernale. Chi la distingue più la musica?
    La storia vera non è dei 100 muri belli o brutti, o inutili.
    La storia è che nella sporcizia diffusa, che avete contribuito a far creare ovunque, dissertando su diritti assurdi di sporcare tutto, adesso non ci capite più niente neppure voi cari (anzi carissimi per quanto costate alla società) writers di fama e non.
    Atomo dovrebbe seguire – almeno – che ci fosse una esecuzione decente dei lavori di Energibox.
    Certe centraline fanno ribrezzo, per quanto sono sporche a fianco e intorno, con scritte vecchie e intoccabili cartacce pencolanti e svolazzanti, mentre il colore è buttato sopra altre cartacce e etichette appiccicate, che, a distanza di poco tempo dalla colorazione approssimativa, già si sollevano da sole e spaccano i dipinti.

  2. Sal Mariotti Rispondi

    23 marzo 2016 at 05:22

    La soluzione c’è.
    Però all’estero, dove politici e imbrattatori vandali non se la cantano e se la suonano per raccontare fandonie, come succede in Italia.
    Qui son tutti maestri a forza di frottole e arte puerile.
    Alla stampa vanno poi i meriti di sostenere l’insostenibile. Sono tutti pronti a spacciarsi per colti critici di arte, con le conseguenze che vediamo su ogni cosa. Senza vergogna e nessun senso di responsabilità, poiché, grazie alle loro parole, spesso pigri copia e incolla buttati nel mucchio, stanno giustificando e incentivando la degenerazione del paese e la crescita dei costi folli necessari per porvi un miserrimo rimedio. Gli imbrattamenti vandalici sono ributtanti ed è ignobile sia chi li fa, sia chi li elogia sfruttando spazi comunicativi solo per sminuire il valore del rispetto della legge e del diritto/dovere democratico.

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