BLU vs MOSTRA STREET ART

BOLOGNA

Merola: “I graffiti di Blu? Temo chi offre doni…” Oggi flash mob in strada

«TIMEO Danaos et dona ferentes», esclama sornione il sindaco Virginio Merola, alla proposta di Fabio Roversi Monaco di donare al Comune i graffiti staccati di Blu oggi esposti nella mostra sulla Street art. Merola veste i panni di Laocoonte, il veggente che invano mise in guardia i troiani dall’accettare il famoso cavallo donato dagli Achei. In questo caso l’acheo è Roversi, con un’offerta che porta con sé pure una buona dose di polemiche. E forse per questo Laocoonte-Merola non si fida. È la prima volta che il confronto coinvolge il Comune e il presidente di Genus Bononiae. Finora la battaglia è avvenuta a distanza a colpi di parole e dipinti sui muri. Strappati, cancellati, ridisegnati. Viaggiando poi su media e social network. Oggi però i contestatori della mostra “Street Art. Banksy & Co – L’arte allo stato urbano”, promossa da Genus Bononiae, si danno appuntamento davanti al luogo del delitto, ovvero Palazzo Pepoli. L’invito è a presentarsi alle 15.30 vestiti di blu, armati di bombolette spray, in segno di protesta contro la mercificazione della street art.

Non solo le polemiche non si placano, infatti, ma alla querelle, s’aggiunge un nuovo elemento.

Stavolta nell’occhio del ciclone è il “megamuro” che l’associazione Serendippo ha inaugurato giorni fa in via Stalingrado 63.

Doveva essere la risposta di writer e artisti alla mostra di Genus Bononiae, un grande museo open air all’ex Zincaturificio Bolognese, al limite della legalità ma aperto a tutti. Tanto che venerdì anche l’assessore alla Cultura Davide Conte l’aveva visitato. La proprietà dell’area, però, ha sporto denuncia contro ignoti per gli ingressi abusivi, precisando che si tratta di violazione di domicilio, punibile secondo il codice penale. I WuMing che sono stati non solo in prima linea ma la voce stessa di Blu dopo il clamoroso gesto iconoclasta di sabato 12, prendono un po’ le distanze dalla protesta odierna. «Io personalmente sarò al mare. I miei soci non lo so. Comunque non avendo seguito la cosa, non possiamo rilasciare alcuna dichiarazione sulla manifestazione», fa sapere Wu Ming 4. «Si tratta di un’iniziativa totalmente spontanea – spiega Simone Satraño, l’organizzatore, fresco di laurea e in cerca di prima occupazione – nata da un post per invitare i miei contatti Facebook a non partecipare all’evento di Genus. Nel giro di poco, la pagina ha ottenuto un numero impressionante di adesioni e così ho deciso di passare dal virtuale al reale». Al momento sono in seimila ad aver aderito. «Ma già se fossimo un migliaio sarebbe un successo. Ho tentato di contattare sia Blu sia i Wu Ming senza ottenere risposta. E neppure coi centri sociali ci sono stati contatti. Ma va bene così. È una protesta totalmente pacifica, non politicizzata. E, anzi, ci tengo a sottolineare che l’uso delle bombolette sarà simbolico, nessuno dovrà imbrattare nulla, ovviamente».

EMANUELA GIAMPAOLI & VALERIO VARESI, LA REPUBBLICA DEL 20 MARZO

 

La protesta è un flop la mostra invece vola

ALLA fine i manifestanti vestiti di blu davanti a Palazzo Pepoli erano solo una decina, chiusi in un piazza blindata da decine di agenti, 4 camionette della polizia e una dei carabinieri. È finita in un flop la manifestazione lanciata pochi giorni fa da Facebook da uno studente dell’Alma Mater, Simone Satragno. E dire che l’hashtag #siamotuttiblu non mancava di nulla per funzionare. E l’idea di vestirsi di blu per solidarietà con il writer che dieci giorni fa ha cancellato tutti i suoi murales per protestare contro la mostra Street Art ospitata a Palazzo Pepoli e promossa da Genus Bononiae, aveva raccolto sui social oltre 6mila tra partecipanti e “interessati”. Usciti dal web però appena una decina si sono presentati con cappello, maglietta, sciarpa o giacca blu. Mentre anche il presidente di Unindustria Alberto Vacchi entra a Palazzo Pepoli, e la mostra registra alle 18.30 (a un’ora e mezza dalla chiusura) un afflusso di 630 visitatori, i pochi attivisti agitano solo per qualche minuto le bombolette. Una trentina di simpatizzanti si tiene a distanza: «Io mi avvicinerei, ma sono così pochi…». Alla fine Satragno, che studia comunicazioni e mass media e tra cinque giorni tornerà a Roma per un master, un po’ deluso lo è: «Un clic su Facebook è più comodo che venire qua. Avevo anche provato a contattare i Wu Ming, ma non mi hanno ascoltato. Secondo me un po’ rosicavano che la manifestazione l’avessi organizzata io e non loro. Avessi saputo così, non l’avrei fatto. O avrei chiamato i centri sociali».

LA REPUBBLICA DEL 21 MARZO 2016

Street writer in fabbrica la proprietà risponde

Nicoletta Amadei, avvocato La società Finalco è da molto tempo proprietaria dell’immobile sito in Bologna, via Stalingrado 63, conosciuto come ex Zincaturificio Bolognese, dismesso da circa quindici anni, ed oggetto dell’articolo a firma Eleonora Capelli dal titolo “45 writer lanciano la sfida alla mostra”. Rispetto al contenuto del suddetto articolo, nell’esercizio del diritto di rettifica, devo precisare quanto segue.

Non corrisponde al vero quanto affermato nell’articolo ovvero che la proprietà avrebbe prestato il consenso all’associazione culturale Serendippo ad ospitare le opere dei 45 writer nei locali dell’area dismessa dell’ex Zincaturificio bolognese. Al contrario la proprietà, a fronte della richiesta dell’associazione Serendippo di poter utilizzare lo spazio, ha risposto con mail dell’8 marzo 2016 nella quale ha testualmente dichiarato che “i soci, informati dell’ingresso all’interno della proprietà, precisano che detto ingresso non è autorizzato. Si tratta di area privata, recintata e regolarmente chiusa per impedire l’accesso a chiunque per evidenti motivi di sicurezza”.

Ugualmente non corrisponde al vero quanto affermato nell’articolo “questo nuovo museo en plein air, uno dei più grandi musei di street art mai realizzati secondo gli organizzatori, non è propriamente aperto al pubblico. Chi entra lo fa a suo rischio e pericolo perché non ci sono le condizioni di agibilità e sicurezza…”. Anche questa affermazione è totalmente non veritiera dal momento che l’area è di proprietà privata ed è totalmente chiusa al pubblico.

Anzi, con denuncia querela depositata presso il Commissariato di Pubblica Sicurezza Bolognina -Pontevecchio, il sig. Rinaldo Nannetti, legale rappresentante di FINALCO S.p.A, ha provveduto a sporgere querela contro ignoti per gli ingressi abusivi effettuati all’interno dell’area dell’ex Zincaturificio, precisando che l’area è recintata sia da mura che da cancelli regolarmente chiusi. Ogni ingresso avvenuto in violazione dei dispositivi di chiusura integra pertanto una violazione di domicilio, punibile ai sensi del codice penale.

LA REPUBBLICA DEL 20 MARZO 2016

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