Un metrò sul muro dell’Hangar

MILANO

Il progetto dei brasiliani Osgemeos: «Ci piace il design vintage dei vostri treni» Alla Bicocca Come rivela il titolo, «Efêmero» è destinato a scomparire con il tempo e le intemperie 

«Che non mi si parli di nulla che sia piccolo», raccomandava Bernini a Paul Fréart, signore di Chantelou, suo accompagnatore in Francia presso la corte del re Sole. E alla stessa maniera sembrano pensarla anche gli Osgemeos, i gemelli brasiliani Gustavo e Otàvio Pandolfo, nati nel 1974 a São Paulo, con un nonno calabrese nel loro albero genealogico.

Nel muro posteriore dell’Hangar Bicocca hanno appena finito di dipingere mille metri quadri trasformando visivamente l’edificio in un vagone della metropolitana milanese cui è attaccato un ragazzo con felpa e zainetto. Hanno lavorato per venti giorni sollevati su una gru ma tanta fatica, come rivela il titolo «Efêmero», è destinata a sparire. Il murale non verrà protetto dalle intemperie né restaurato e forse sarà persino cancellato fra un anno per lasciare posto al prossimo protagonista di «Outside the Cube» (letteralmente «fuori dal cubo» o anche dalla galleria), progetto curato dall’artista e scrittore Cedar Lewisohn, nonché curatore della mostra Street art organizzata alla Tate Modern di Londra nel 2008. L’Hangar gli ha affidato l’incarico di invitare una serie di artisti che, a turno, trasformeranno il grigio muro dello stabilimento dove nel secolo scorso si producevano locomotive di treni, in uno spazio d’arte all’aperto.

Più che dalla funzione dell’edificio, però, gli Osgemeos, si sono fatti ispirare dalla forma che, in effetti, ricorda quella dei vagoni della metropolitana milanese. «I vostri treni hanno un design vintage che ci piace molto e che ci è subito venuto in mente guardando questa architettura. La parte più difficile è stata gestire la figura del ragazzo, metterla in prospettiva e darle profondità», raccontano i gemelli che partono da disegni e poi ingrandiscono le loro idee attraverso diversi mezzi: dal murale, come in questo caso, ai video, come lo scorso anno per la spettacolare installazione di mega schermi nella newyorkese Time Square. In Brasile gli Osgemeos sono fra gli artisti più popolari grazie al loro stile pop e street, e anche se non hanno mai praticato la street art, hanno fatto scuola per esempio fra i graffitari di Atene dove hanno introdotto la figura gigante, che occupa un intero edificio. Le grandi dimensioni servono a coinvolgere il pubblico e a farlo entrare in un’emozione. «Nel nostro lavoro non c’è niente da spiegare: se lo facessimo, limiteremmo l’immaginazione mentre noi vogliamo liberare la fantasia», dice Gustavo che, però, una cosa la spiega. Nell’enorme scritta che campeggia nella parete laterale a quella con il vagone della metropolitana si legge «Margherita», il nome della madre dei gemelli. Un omaggio alla mamma, certo, ma forse anche al popolo mammone per eccellenza.

ARTICOLO DI FRANCESCA BONAZZOLI DEL 21 APRILE 2016, CORRIERE DELLA SERA

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One Response to Un metrò sul muro dell’Hangar

  1. Mirco Brambilla Rispondi

    24 aprile 2016 at 06:46

    Sarà anche vero che questi artisti “non hanno mai praticato street art”, ma quell’opera è un inno negativo alla trasgressione e all’ipotetico bello dell’imbrattamento illegale in situazioni pericolose per la vita.
    Con che occhi la vedranno i più giovani che aspettano solo di poter combinare guai?
    Forse sarebbe meglio se certi bozzetti che mandano messaggi sociali a da enormi spazi fossero “valutati” e approvati da persone responsabili, gente che non trova “divertente” optare per un messaggio tanto visibile e opinabile perché poi vada a sommarsi, con prepotenza “esaltando l’atto vandalico”, in una realtà sociale, come quella italiana, che è in affanno e sopraffatta dall’illegalità e che non sa come liberarsi dal danno provocato a vario titolo da ragazzi di ogni ceto, etnia, pensiero.
    Pensiero unico sporcare.
    Poi la cronaca parla da sola, purtroppo, morire per qualche spruzzo di vernice nel posto sbagliato è assurdo.
    Se ci fosse un minimo di responsabilità educativa verso la gioventù qua si dovrebbe fare altro.

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