La lettera di Giangiacomo Schiavi

Il muro, la nonna e il gattino una lezione di decoro urbano

Caro Schiavi, martedì hanno tolto l’impalcatura verso strada di una nuova casa, nell’interno ancora costruenda, in via Accademia 59; mercoledì mattina la facciata era tutta firmata dai devastatori notturni. È lì da vedere: uno scempio. Non c’è argine né opposizione possibile a questi guastatori di murature altrui, lo sappiamo, e a Milano abbiamo un primato almeno europeo, basta vedere come è ridotta Città degli Studi e così tutte le periferie. Non cerchiamo giustificazioni psicologiche o sociali, la risposta è solo nel rispetto che costoro non hanno verso gli altri visti come nemici da punire. E qui Le dico del gattino di mia nonna in campagna che sporcava la cucina e le camere: ella stizzita lo prese e gli strofinò il musetto nel suo sporco, la gatta non gradì ma poi insegnò al suo piccolo a zampettare alla bisogna in giardino. Con le giuste maniere, dicono, si ottiene tutto. Anche i muri puliti. Caro Mariani, ci sono cose che lasciano un ineluttabile senso di impotenza e ci fanno tornare alle battaglie ingaggiate e perse per i muri puliti di Milano. C’è stato un periodo in cui Milano si è indignata e ribellata contro le lordure che imbrattano le facciate dei palazzi, all’incirca vent’anni fa: il Comune cercò allora gli strumenti per limitare ivandalismi, con sanzioni più severe, telecamere, vernici lavabili, eccetera. Tra molti applausi e qualche protesta, si arrivò anche a distinguere, giustamente, tra i barbari dello spray e gli artisti della bomboletta, quelli che senza essere Basquiat (a proposito, la rassegna in corso al Mudec merita una visita) mostravano un apprezzabile talento. Il clou l’abbiamo ancora negli occhi, è recente: quei cittadini con la spugna a fianco del sindaco Pisapia, il giorno dopo la guerriglia no global. Hanno detto che Milano la vogliono bella e pulita e senza violenza. Qualcosa è stato fatto e qualcosa si cerca di fare, caro Mariani, ma evidentemente non basta. Al Casoretto, dove ha trovato la facciata del palazzo devastata, c’è l’imbarazzo della scelta. Come nelle traverse di via Padova e in ogni zona periferica, vicino alle stazioni, ai depositi Atm, ai vecchi edifici. Fa male a tutti questa devastazione, ma rimedi diversi da quelli utilizzati dal sindaco di New York Giuliani non ne conosciamo: loro sporcano e noi puliamo, loro imbrattano e noi puliamo e sanzioniamo. Chi la dura la vince. Strofinare il naso vicino alle scritte, come faceva la sua nonna con il gattino, caro Mariani, è arduo. I vandali sono troppi. Servirebbero le brigate-nonni.

gschiavi@rcs.it

Corriere della Sera, 29 Gannaio 2017

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One Response to La lettera di Giangiacomo Schiavi

  1. Alda Guerini Rispondi

    4 febbraio 2017 at 10:56

    Bhe.. e che ci vuole? Facciamole le “brigate dei nonni”, meno tv e più movimento all’aperto, per il bene della città.
    Magari cominciamo con il chiedere a gran voce, tutti insieme, a chi lo dovrebbe fare di dare multe salatissime e chi appiccica volantini illegali ovunque e mette la sua pubblicità rovinando tutto con “in bella vista” indirizzo mail e numeri di telefono. Cos’è si multano sempre e solo gli automobilisti che tanto è più comodo?

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