La street art si interroga «Salvare “Perle ai porci”»

La street art si interroga «Salvare “Perle ai  Si accende il dibattito sul futuro di un graffito che ha fatto scuola fra i writer Farioli: «L’ipotesi di portarlo in un museo potrebbe essere davvero suggestiva» porci”»

REGGIO EMILIA

Una scritta di appena tre parole: “Perle ai porci”. E, sopra la scritta, un’immagine simbolica, che trasuda tradizione e reggianità: un maiale. Tutta – o quasi – la street-art reggiana è partita da qui. Una saracinesca di via Gazzata 10/a, firmata Gas Urbanart, artista che oggi vive a Shangai, ma che attraverso questa sua opera ha dato il via al grande movimento di street-art poi esploso nei capannoni abbandonati delle ex Reggiane, facendo scuola. Un reperto storico sul cui futuro la comunità di writers reggiani (e non solo) si sta interrogando, indecisa se l’opera debba morire di morte naturale, e quindi in strada, oppure se debba essere in qualche modo “imbalsamata” in un museo. Salvando non tanto l’opera di per sè, quanto piuttosto il suo valore storico e fondativo di un intero movimento. Il dibattito ha acceso Facebook, dove la proposta di uno spostamento delle “Perle ai porci” ai Musei Civici trova i like anche di personaggi come l’ex parlamentare reggiano, Pierluigi Castagnetti, e l’ex assessore ai Progetti speciali, Mimmo Spadoni, che nel mezzo del dibattito innescato sul social network non esita a commentare: «Io avevo immaginato di proporre al proprietario di “pagare” la sostituzione della serranda “acquisendo” quindi la vecchia». È proprio Spadoni a tirare in ballo nella discussione anche Elisabetta Farioli, dirigente dei Musei Civici, che raggiunta dalla Gazzetta si mostra favorevole ad un’ipotesi di questo tipo. Pur con tutte le cautele che, da sempre, accompagnano il dibattito sull’esposizione nei musei di pezzi di street-art, una pratica artistica nata come forma di protesta, che vede proprio nel suo essere estranea a qualunque sistema uno dei propri elementi innati. E, fra i post e i commenti, non mancano voci contrarie. «Il dibattito sulla street-art è molto attuale – afferma Farioli – c’e oggi un riconoscimento di questa pratica artistica non esente da equivoci: un’arte di protesta e di lotta al sistema, che però adesso sta diventando protagonista anche in alcune gallerie private. Ogni decisione in tal si porta dietro questo problema, da tenere ben presente. Di certo penso che l’opera sia molto bella, e attira lo sguardo quando ci si passa davanti. Ma il tema della musealizzazione di queste opere è un tema che resta sempre aperto». Per Farioli, «se ci fosse l’occasione di conservarla in museo io sarei d’accordo. Ma bisognerebbe parlare con il proprietario, che personalmente non conosco. Penso che l’ipotesi sia suggestiva». Dietro la saracinesca, negli anni, hanno trovato sistemazione prima una cartoleria, poi un colorificio. «Bisogna senz’altro capire come muoversi per mantenere la testimonianza dell’immagine – aggiunge Farioli – La cosa più semplice sarebbe immortalarla in un’immagine fotografica, anche perché credo che la street-art non debba essere tutta musealizzata, andando contro l’ideologia da cui è nata questa pratica artistica. Per quest’opera però si potrebbe fare un’eccezione, senza l’obiettivo di creare un precedente. Se ci fosse la possibilità, la troverei una bella rappresentanza di un fenomeno che riguarda la storia della nostra città, affidandole un ruolo simbolico».

Di Evaristo Sparvieri

4 FEBBRAIO 2017, GAZZETTA DI REGGIO

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